Notte bianca quella tra venerdì e sabato anche per le famiglie degli ostaggi ulteriormente angosciati per la sorte dei loro cari prigionieri di Hamas dopo il nuovo durissimo attacco di Israele.

Proprio venerdì un sondaggio del quotidiano conservatore Ma’ariv mostrava un calo importante del consenso dell’opinione pubblica rispetto a un’azione di terra nell’immediato.

Al termine della terza settimana dall’inizio del conflitto il 49% degli israeliani si sarebbe detto favorevole a posticipare l’ingresso a Gaza delle truppe di terra.

Insieme alla stanchezza e alle preoccupazioni per l’economia del paese già seriamente compromessa, uno dei fattori determinanti del cambio di rotta rispetto al quasi unanime consenso iniziale è senz’altro l’angoscia per la sorte degli ostaggi, 229 secondo le fonti, nelle mani di Hamas.

La mediazione per la liberazione condotta la scorsa settimana e nei giorni scorsi da Qatar ed Egitto verteva su questioni quali la durata di una tregua, lo scambio di prigionieri, la concessione di aiuti umanitari e la fornitura di carburante.

SECONDO alcune fonti, Israele avrebbe respinto in particolare la richiesta di Hamas di liberare tutti i prigionieri palestinesi e in tal modo la trattativa si sarebbe arenata.

L’ultima proposta di Hamas è di ieri: scambio tra ostaggi israeliani e stranieri e prigionieri politici palestinesi (oltre 6mila) nelle carceri israeliane.

Dal canto suo, ieri il primo ministro Netanyahu ha dovuto cedere alla pressione pubblica accettando di incontrare le famiglie degli ostaggi a Tel Aviv, prima della conferenza stampa annunciata per la serata alla presenza sua e dei due altri membri del gabinetto di guerra, il ministro della difesa Yoav Gallant e il leader dell’opposizione Benny Gantz.

L’incontro è durato circa due ore, al termine i rappresentanti delle famiglie hanno comunicato che il primo ministro avrebbe ascoltato, compreso e recepito le richieste di riscatto immediato di tutti gli ostaggi, nessuno escluso, a nome delle famiglie e dell’intera popolazione, con l’intimazione a non intraprendere alcuna azione militare che ne possa compromettere l’incolumità e il rilascio.

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Benché le affermazioni di Netanyahu da tempo non persuadano più nessuno, dall’intelligence giungono tuttavia rassicurazioni che le trattative sono in corso e i contatti stabiliti.

Le incursioni a Gaza da venerdì sera hanno colto di sorpresa anche molti israeliani che sabato sera sono tornati a riversarsi in strada.

Nonostante il suono minaccioso delle sirene che annunciavano una nuova pioggia di razzi su Tel Aviv, la folla è tornata a Kaplan Street manifestando in sostegno delle famiglie degli ostaggi.

Proteste anche ad Haifa e a Cesarea: nonostante l’esplicito veto della polizia, che dall’inizio della guerra proibisce assembramenti a scopo di dissenso politico, si grida davanti alla residenza dei Netanyahu chiedendone le dimissioni immediate. E ieri sera per la prima volta a Tel Aviv sono comparsi manifestanti per il cessate il fuoco «La guerra non ha vincitori», si leggeva nei cartelli.

LUI INTANTO in conferenza stampa negava i crimini di guerra e prometteva «una lunga guerra»: «L’invasione di terra ci aiuterà in questa santa missione».