Sciopero di quattro ore ieri mattina e assemblee dei lavoratori degli appalti e di quelli della Saras per la morte di Stefano Nonnis, l’operaio di quarantadue anni di Santadi, un centro di poco più di tremila abitanti nel sud Sardegna, che ha perso la vita mentre era impegnato con la ditta esterna Turismar a smontare un ponteggio sospeso sull’acqua a due metri di altezza, su uno dei moli in cui attraccano le petroliere che riforniscono la raffineria a Sarroch, nella città metropolitana di Cagliari. I compagni di lavoro di Nonnis sono sotto choc. Quando Stefano è caduto in acqua gli hanno gettato una ciambella di salvataggio. Ma la corrente era troppo forte e Stefano non è riuscito ad afferrare il salvagente. I suoi compagni lo hanno visto andare a fondo per non riemergere più. Quando il corpo è stato recuperato dai Vigili del fuoco, non c’era più niente da fare.

Non è ancora chiaro che cosa sia successo. Quando Nonnis è caduto, lui e la sua squadra stavano smontando un ponteggio perché i lavori di manutenzione in quel tratto di pontile erano finiti. Straziante il pianto del padre di Stefano, Sergio Nonnis, operaio edile in pensione, vittima anche lui da giovane di un incidente sul lavoro: cadde da un ponteggio e rimase diverse settimane in coma tra la vita e la morte. «Perché Stefano? Io mi sono salvato – ha detto tra le lacrime ai compagni di lavoro del figlio – e lui non ce l’ha fatta. Per lavorare bisogna rischiare la vita? Ora voglio la verità».

Una tragedia, quella accaduta alla Saras, che rimette al centro dell’attenzione il problema delle morti sul lavoro, quindici in Sardegna nei primi otto mesi dell’anno, quasi due al mese. Per non parlare degli infortuni, che oltre a essere in crescita costante spesso non sono denunciati per non portare alla luce situazioni di lavoro in nero.

Lo sciopero di ieri è stato deciso da Cgil, Cisl e Uil insieme con le segreterie territoriali dei metalmeccanici e dei chimici. «Un ennesimo traumatico episodio – si legge in una nota dei sindacati – che certifica quanto sulla sicurezza nei luoghi di lavoro l’attenzione sia del tutto insufficiente. Quando un lavoratore muore nello svolgimento della propria attività, vuol dire che qualcosa è saltato nella catena di norme sulla sicurezza. E questo non deve accadere». «In troppi casi – aggiunge il segretario generale della Cgil sarda Samuele Piddiu – le prescrizioni di legge sono disattese dalle aziende. Così non può continuare. Bisogna rafforzare i sistemi di controllo, oggi assolutamente inadeguati».

«Nessuna lavoratrice e nessun lavoratore – dice Ivana Veronese, segretaria confederale della Uil – deve riportare danni alla propria integrità psico-fisica, contrarre una malattia professionale o, ancor peggio ovviamente, morire di lavoro. Il lavoro deve essere sempre buono e sicuro». «Conoscevo personalmente Stefano Nonnis – ricorda Andreatta coordinatore Uilm per la Sardegna -. Sento un grande dolore. La strage infinita sui luoghi di lavoro deve finire».