«Era a conoscenza che i migranti si buttavano in acqua?», lo incalza il presidente del collegio giudicante Roberto Murgia. «Non era il primo episodio, e non sarà neanche l’ultimo», risponde laconico Matteo Salvini, seduto nel banco degli imputati dell’aula bunker del carcere Ucciardone a Palermo, dopo avere sostenuto che in base ai verbali dell’Usmaf la situazione a bordo della Open Arms era sotto controllo e non c’erano emergenze, nemmeno quella igienico-sanitaria. «Ma se un migrante si butta in acqua non è tranquillizzante», la replica secca del presidente della Corte.

È STATO TRA I MOMENTI più imbarazzanti per Salvini, che ieri ha deposto al processo dove è accusato di sequestro di persona e rifiuto di atti d’ufficio per avere impedito, quando era ministro dell’Interno nel governo Conte Uno nell’agosto del 2019, lo sbarco di 147 migranti dalla nave Open Arms, poi attraccata a Lampedusa per l’intervento dell’allora capo della Procura di Agrigento Luigi Patronaggio, che ordinò lo sgombero immediato dopo essere salito a bordo e avere constatato le condizioni disumane in cui versavano i naufraghi. Non meno spiazzante è stata la risposta del vice premier quando gli è stato chiesto se era a conoscenza dell’attività del sommergibile italiano che per 17 ore tenne sotto osservazione in mare aperto la nave della Ong mentre soccorreva i migranti: «Non ne sapevo nulla, l’ho appreso solo in questo processo. Del resto è un mezzo della marina militare».

IL MISTERO RIMANE. Né l’ex ministro dell’Interno né quello della Difesa sarebbero stati informati in tempo reale che il sommergibile sorvegliava l’Open Arms. È possibile che la catena di comando militare non abbia informato il vertice delle istituzioni? Su questo sta indagando la Procura di Roma dopo avere ricevuto un esposto proprio a seguito della testimonianza del comandante del sommergibile Venuti, il capitano di corvetta Stefano Oliva, che aveva testimoniato nell’aula di tribunale.

ALLE PARTI CIVILI e al presidente della Corte, che gli hanno chiesto a più riprese perché il ministro dell’Interno avesse ignorato, senza dare alcuna risposta e spiegazione, le richieste di Pos fatte dalla Open Arms, Salvini alla fine ha ammesso: «La nostra posizione era chiara, avevamo comunicato il divieto alla Ong di entrare nelle acque territoriali». Insomma, la Ong non meritava risposte. Per poi aggiungere che comunque, se la Procura non fosse intervenuta per sgomberare la nave «avremmo concesso il porto sicuro nel giro di uno, due giorni perché avevamo definito l’accordo per la ridistribuzione dei migranti con Francia, Germania, Lussemburgo e altri due Paesi». Durante le dichiarazioni spontanee, e poi rispondendo alle domande dei pm e delle parti civili, Salvini ha rivendicato la linea assunta sul caso Open Arms «condivisa dall’intero governo» cercando di ribaltare quanto avevano affermato Giuseppe Conte e Luigi Di Maio che, sentiti come testi nei mesi scorsi, avevano addossato la responsabilità all’ex ministro dell’Interno.

LA GESTIONE dei fenomeni migratori «prevedeva il coinvolgimento delle istituzioni europee – ha ripetuto più volte Salvini – ed ebbe inizio con la vicenda della nave Aquarius e proseguì con la Diciotti nell’accordo di tutti i colleghi di governo. Prevedeva la concessione del porto sicuro solo dopo avere avuto le rassicurazioni sulla ridistribuzione dei migranti». Fino a quando, dopo la mozione di sfiducia presentata dalla Lega contro Conte, la sorte del governo fu segnata e il M5s cambiò atteggiamento. «In tutte le centinaia di episodi precedenti – ha sostenuto Salvini – ci sentivamo al telefono per le varie questioni. Con Open Arms, invece, Conte iniziò un carteggio. Il 14 agosto per la prima volta mi scrisse riferendosi ai minorenni a bordo e invitandomi a prendere le decisioni conseguenti».

AL PROCURATORE AGGIUNTO Marzia Sabella, che ha chiesto all’imputato su cosa si fondassero i timori del governo per la sicurezza pubblica, spesso invocata da Salvini, il ministro ha risposto: «Non avevamo informazioni sulla presenza di terroristi a bordo, ma ricordo che avemmo un sospetto legato all’immigrazione clandestina perché sul comandante della nave, Marc Creus, pendeva una richiesta di rinvio a giudizio». Quando seppe che Creus era indagato per favoreggiamento dell’immigrazione clandestina?, ha chiesto a Salvini l’accusa. «Immagino che me l’abbia detto il capo di gabinetto Piantedosi prima della sua richiesta di ingresso in acque nazionali», la risposta. Per Creus sarà poi dichiarato il non luogo a procedere.

COME PROLOGO all’inizio dell’udienza c’è stato un accenno di protesta da parte di una avvocatessa di parte civile perché l’imputato stava cominciando a leggere dagli appunti che aveva portato con sé. «Non può leggere, può prendere solo qualche spunto», aveva ammonito il presidente del collegio dei giudici, che a fine udienza ha acquisito il promemoria. Il 16 febbraio deporranno i testi della difesa, tra cui il ministro Matteo Piantedosi, all’epoca capo di gabinetto di Salvini al Viminale.