Open Arms, Conte e Di Maio scaricano Salvini
Udienza del processo a Palermo L’ex premier: «Eravamo alla vigilia della crisi di governo, immigrazione usata per fare propaganda». E Lamorgese: «Le procedure Ue di redistribuzione non erano legate alla concessione del porto sicuro». L’ong denuncia: «Il sottomarino militare Venuti si limitò a riprenderci senza fornire aiuto»
Udienza del processo a Palermo L’ex premier: «Eravamo alla vigilia della crisi di governo, immigrazione usata per fare propaganda». E Lamorgese: «Le procedure Ue di redistribuzione non erano legate alla concessione del porto sicuro». L’ong denuncia: «Il sottomarino militare Venuti si limitò a riprenderci senza fornire aiuto»
È ripreso ieri a Palermo il processo a Matteo Salvini, accusato di sequestro di persone e rifiuto di atti di ufficio: era il Conte Uno e il leader leghista in qualità di ministro dell’Interno non autorizzò nell’agosto 2019 lo sbarco di 160 migranti a bordo dell’Open arms. L’ong dovette attendere 19 giorni prima di ottenere il Pos, il porto sicuro. Tre i testimoni di peso chiamati dalla procura: l’ex premier Giuseppe Conte, l’allora ministro degli Esteri Luigi Di Maio e Luciana Lamorgese, subentrata al Viminale nel Conte due.
MENTRE SALVINI via social rilanciava la sua propaganda («Rischio fino a 15 anni di carcere per aver difeso l’Italia»), nell’aula bunker dell’Ucciardone Conte scaricava il suo vice dell’epoca: «Da subito, nel mio primo governo del 2018, capii che era importante fare un passo avanti in Europa sui migranti. Nel giugno 2018 mi presentai al Consiglio europeo con un documento che doveva affrontare il problema della redistribuzione. Ci fu un litigio con Merkel e Macron, restammo lì tutta la notte fino a che non raggiungemmo il risultato, ma non in automatico».
OCCORREVA TROVARE L’ACCORDO in Ue sulla redistribuzione per assegnare il porto? «I migranti potevano sicuramente sbarcare anche prima che si completasse l’iter delle quote in Europa – la risposta di Conte -. Non mi sono mai occupato del Pos: era una pratica amministrativa di competenza del ministero dell’Interno». E sulle resistenze di Salvini allo sbarco per timore di agevolare trafficanti e attentatori: «Non ho mai sentito parlare di terroristi a bordo dell’Open Arms e non mi risulta che mi abbiano detto di accordi con gli scafisti». L’ex premier ha poi ribadito di aver chiesto lo sbarco immediato dei soli fragili ammettendo di non averlo sollecitato per gli altri naufraghi: «Scrissi il 14 agosto al ministro che non si potevano respingere i minori. Fu una sorta di azione di convincimento. Nella seconda lettera scrissi che c’erano sei paesi europei che avevano confermato la disponibilità alla redistribuzione dei migranti dell’Open Arms. Non era giustificabile che i minori e le persone fragili restassero sulla nave. Per quanto riguarda gli altri, il trattenimento in mare, assicurando il soccorso, poteva protrarsi per qualche altro giorno».
DALLA FIRMA dei decreti Sicurezza alla presa di distanze alla vigilia della rottura: «Non ricordo interlocuzioni con Salvini – ha sottolineato Conte -, eravamo nella fase annunciata della crisi di governo. L’immigrazione è stato sempre un tema di propaganda politica. A me infastidiva il fatto che una lettera mirata a risolvere un problema fosse stata diffusa dal destinatario (Salvini ndr) senza chiedere l’autorizzazione. Qui colgo il clima incandescente rispetto a una competizione elettorale che poteva essere imminente e si voleva rappresentare un presidente del consiglio debole mentre il ministro dell’Interno aveva una posizione di rigore».
ANCHE DI MAIO, ex ala destra dei 5S, ha preso le distanze da Salvini: «Non c’era alcun automatismo politico tra la concessione del porto e la redistribuzione dei migranti. Si è andato consolidando un meccanismo per cui a Bruxelles i singoli paesi aderivano volontariamente alla redistribuzione. Non vi fu alcuna interlocuzione con Salvini sul caso Open arms, l’unica interlocuzione ha riguardato la caduta del governo. Non ci furono mai riunioni prima della concessione del Pos. In alcuni casi le riunioni informali si tennero dopo il rifiuto del porto sicuro di cui venivamo a conoscenza, come voi, dai media». E ancora: «Non capivamo perché si dovesse rifiutare il Pos sapendo che c’erano paesi europei pronti ad accogliere i migranti. L’unico motivo era aumentare il consenso in campagna elettorale».
LAMORGESE: «Fino al 2018 la competenza era del dipartimento delle Libertà civili del Viminale poi passò al gabinetto del ministero. Durante il periodo in cui ero ministro la gestione degli sbarchi si atteneva alle regole internazionali. Non appena si avevano notizie di salvataggi in area Sar il dipartimento avviava l’iter per individuare il Pos. Attivare procedure europee di redistribuzione non era legato al Pos. Solo nella prima parte del Conte Due il Pos veniva concesso dopo l’ok alla redistribuzione. I tempi di attesa del porto sicuro erano di media 2 o 3 giorni ma si poteva arrivare a 7 o 8 se c’era da concordare la redistribuzione con altri Paesi. Durante il mio dicastero le ong non hanno mai violato le regole». Ma Lamorgese ha ammesso che Ocean Viking rimase in attesa dal 18 ottobre al 29 ottobre 2019 anche perché era al G6 dei ministri dell’Interno Ue: «L’obiettivo era parlare con i colleghi proprio rispetto a sbarchi e redistribuzione. Erano stati tenuti a bordo per tenere la linea».
LA PROSSIMA UDIENZA il 24 marzo sarà dedicata al sottomarino della Marina militare che il giorno del soccorso ha registrato l’evento Sar: secondo la difesa le immagini proverebbero «i sospetti di condotte illecite» sollevati da Salvini all’epoca. Lunedì l’avvocata del leader leghista, Giulia Bongiorno, presenterà in sei procure una denuncia: «L’informativa non è stata inserita nei fascicoli valutati da Tar e procure e quindi non è stata visionata dal Parlamento» che ha poi dato l’autorizzazione a procedere.
OPEN ARMS ha chiesto, invece, di depositare l’esposto presentato alla procura di Roma: «Incaricato, a quanto pare, del monitoraggio della nostra organizzazione, il sottomarino Venuti si limitò a documentare le operazioni senza fornire aiuto. Dalla relazione tecnica disposta dalla Procura è apparso chiaro che l’imbarcazione soccorsa costituisse un pericolo per le persone a bordo. Dalle 12 alle 20.50 il mezzo militare si è limitato a fare foto e video ai soccorritori senza neppure segnalare la presenza di persone in difficoltà. Abbiamo chiesto all’Autorità giudiziaria di verificare per stabilire se possa essere riscontrata una condotta omissiva o negligente».
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