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Ong, Merkel risponde. Ma Netanyahu non torna indietro

Ong, Merkel risponde. Ma Netanyahu non torna indietroIl premier israeliano Netanyahu e la cancelliera tedesca Merkel – Reuters/Guido Bergmann/BPA

Israele/Germania La cancelliera ha difeso la decisione del suo ministro degli esteri di incontrare le ong israeliane che denunciano l'occupazione militare dei territori palestinesi. Oggi sciopero generale a sostegno dei detenuti palestinesi, aumentano sit in e proteste

Pubblicato più di 7 anni faEdizione del 27 aprile 2017
Michele GiorgioGERUSALEMME

L’alleanza e i rapporti diplomatici strettissimi tra la Germania e Israele non hanno impedito ad Angela Merkel di difendere un diritto che il suo Paese ritiene di avere: quello di ascoltare voci diverse su di un conflitto, quello israelo-palestinese, con il quale il Medio Oriente e il resto del mondo fanno i conti da decenni. Ieri la cancelliera ha espresso rammarico per la cancellazione, due giorni fa, del colloquio con il ministro degli esteri Sigmar Gabriel decisa dal premier Netanyahu in reazione alla decisione del capo della diplomazia tedesca di incontrare i rappresentanti di ong israeliane che condannano l’occupazione militare dei territori palestinesi. «Siamo dell’idea che in un Paese democratico debba essere possibile, come lo è stato spesso anche in passato, incontrare anche delle ong critiche, senza che ciò abbia simili conseguenze», ha detto il portavoce del governo tedesco ricordando che anche nel programma delle visite all’estero di Merkel ci sono regolarmente dei colloqui con ong e rappresentanti della società civile. «Tutto ciò non modifica l’enorme importanza delle nostre relazioni con Israele», ha aggiunto il portavoce con il proposito di allentare la tensione e smentire che la vicenda abbia messo in crisi i rapporti tra Germania e Israele.

Netanyahu comunque non fa passi indietro. Il premier, con l’appoggio totale della destra e di buona parte dei suoi ministri, ribadisce che non avrà incontri con quei diplomatici e ministri stranieri che vedranno le ong israeliane che a suo dire rivolgono accuse «infondate» alle forze armate. «La mia politica è chiara – dice Netanyahu – nessun incontro con chi visita Israele e vede organizzazioni che diffamano i soldati dello Stato ebraico come criminali». Ong che riaffermano la volontà di continuare l’attività di denuncia degli abusi a danno dei civili palestinesi, dei crimini di guerra e delle violazioni dei diritti umani. Martedì sera a Herzliya, dopo l’incontro con il ministro degli esteri tedesco Gabriel, hanno diffuso un comunicato congiunto. «La società civile – scrivono Breaking the silence, B’Tselem e Peace Now – non accetta ordini nè intende piegarsi alle pressioni. Ci opporremo alle ingiustizie dell’occupazione fino a che questa diventerà una cosa del passato».

Le polemiche tra Israele e la Germania, di fatto sul riconoscimento come interlocutori legittimi dei rappresentanti delle ong non allineate alle posizioni del governo Netanyahu, sono esplose proprio nei giorni in cui nei Territori occupati si vivono fasi di forte intensità politica conseguenti al digiuno che attuano nelle carceri israeliane oltre 1500 prigionieri palestinesi, guidati dal leader di Fatah Marwan Barghouti, per ottenere migliori condizioni di vita. La protesta è giunta al decimo giorno e nelle strade delle città della Cisgiordania si moltiplicano raduni e manifestazioni a suo sostegno. Oggi, proclamato dal partito Fatah, è previsto uno sciopero generale al quale hanno aderito diverse categorie di lavoratori mentre i commercianti hanno fatto sapere che terranno abbassate le saracinesche dei negozi. Fatah chiama domani i palestinesi ad una “giornata della rabbia” contro gli occupanti israeliani.

Da parte loro le famiglie degli incarcerati manifestano una crescente preoccupazione con il diffondersi di notizie sullo stato di salute precario di diversi detenuti – tra questi Ibrahim Abu Mustafa, Riyad al Omur, Kamal Abu Waar, Nael Shahin – ora ricoverati nelle infermerie delle prigioni. «Mio cugino Rafat fa il digiuno in carcere nella prigione di Nafha e, nonostante sia fisicamente molto debole, gli israeliani lo costringono a spostamenti e a compiere sforzi senza alcun motivo», raccontava altro giorno un giovane palestinese al presidio permanente per i detenuti sulla piazza della Mangiatoia a Betlemme. Proprio a Nafha, secondo quanto la denuncia delle associazioni a difesa dei prigionieri politici, le guardie carcerarie israeliane avrebbe compiuto due giorni fa un raid nella sezione 14, facendo anche uso dei lacrimogeni. Oggi aderiranno allo sciopero della fame gruppi di detenuti del Fronte democratico (Fdlp) tra i quali Samer Issawi, noto che qualche anno fa per un lunghissimo digiuno di protesta contro la sua “detenzione amministrativa”, ossia senza processo.

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