Il primo a parlare è stato Edward Snowden, il whistleblower americano che ha reso pubbliche informazioni riservate riguardo i programmi di sorveglianza degli Stati uniti: «Le immagini dell’ambasciatore ecuadoriano – ha scritto su Twitter – che invita la polizia del Regno unito all’interno dell’ambasciata per trascinare un editore di (che piaccia o non piaccia) giornalismo pluripremiato, fuori dall’edificio finiranno nei libri di storia. I critici di Assange possono esultare, ma questo è un momento oscuro per la libertà di stampa», ha concluso Snowden in uno dei commenti pubblici più vicini ad Assange.

La maggior parte delle reazioni dei politici americani all’arresto del fondatore di Wikileaks sono state di sdegno. Meghan McCain, figlia del senatore repubblicano recentemente scomparso, ha dichiarato di sperare che Assange «bruci all’inferno».

John Podesta, presidente della campagna elettorale di Hillary Clinton e le cui email rivolte allo staff elettorale democratico erano state pubblicate da WikiLeaks, ha twittato velenoso: «Non so se servano pasti vegani in cella».

Per la comunità hacker, come ha fatto notare su Twitter Emanuel Goldstein, fondatore della rivista culto 2600 e della convention Hope, Hackers On Planet Earth, questo non è un referendum sulla simpatia di Assange, ma una presa di posizione politica sulla libertà di stampa che potrà essere usata anche da altri Paesi.

E fa notare come nell’incriminazione di Assange, che coinvolge anche Chelsea Manning (accusata di cospirazione con WikiLeaks per via della pubblicazione di documenti riguardanti i crimini Usa su i civili iracheni), ci siano delle ragioni a dir poco deboli: «Manning – riporta Goldstein citando l’imputazione – ha utilizzato un software speciale, ovvero un sistema operativo chiamato Linux, per accedere al file del computer».

Le accuse ad Assange negli Stati uniti non riguardano direttamente le sue attività editoriali, fanno notare in molti nella comunità hacker, ma sono di «cospirazione per commettere un’intrusione informatica»: si sostiene che Assange ha accettato di aiutare Manning cercando di decifrare la password di un computer del Dipartimento della Difesa per ottenere documenti governativi classificati.

E se da un lato l’assenza dell’accusa di spionaggio è un sollievo, con «cospirazione» si possono includere molte prassi giornalistiche. La pensano così anche i legali che si occupano di diritti civili, l’associazione Aclu, e molti giornalisti Usa, come Adam Serwer, firma principale de The Atlantic, che fa notare come questa mossa potrà essere usata da Trump contro altre voci di dissenso.

Per la maggior parte dei politici democratici Usa il problema della libertà di stampa non si pone. Nelle prime ore il coro è stato abbastanza unanime nel ricordare il ruolo di Assange nelle elezioni 2016. Per un Ted Lieu, deputato californiano super progressista, che ha chiesto pubblicamente un confronto con la base democratica per prendere una posizione politica nei confronti di Assange, c’è la grande maggioranza del partito che a caldo non si è schierata in difesa di Assange, nemmeno con il distinguo «buono o meno che sia».