Non c’è pace a Odessa. Da più di due settimane la città portuale è un bersaglio costante dell’artiglieria russa e quella «ricerca della normalità» che aveva segnato l’ultimo periodo è ormai un lontano ricordo. Ieri notte le infrastrutture della darsena sono state colpite da un missile Kalibr «lanciato da un sottomarino nel Mar nero» accusa il governatore regionale, Oleg Kiper, che ha aggiunto: «Una guardia civile è morta a causa dell’attacco. È stata danneggiata l’attrezzatura di uno dei terminal, l’edificio della sicurezza e due auto sono andate distrutte».

Ma la «perla del Mar nero» non è stata l’unico obiettivo del nemico. Secondo l’aeronautica ucraina, infatti, Mosca avrebbe lanciato 8 droni «kamikaze» dalle posizioni occupate nel sud-est, ma nessuno dei velivoli sarebbe riuscito ad andare a segno. Intanto i soliti «funzionari Usa anonimi» dalle colonne del New York Times fanno sapere che le forze armate ucraine hanno intensificato la controffensiva, dislocando sulla linea del fronte i reparti tenuti in riserva durante le scorse settimane.

Nell’attesa di sviluppi significativi sul campo il presidente Zelensky ha presentato al parlamento ucraino due disegni di legge per l’estensione della legge marziale e la mobilitazione per altri 90 giorni. Finora questo tipo di ddl sono stati approvati all’unanimità e non c’è motivo di credere che stavolta sarà diverso. Il presidente ucraino ha anche affermato che «presto» la Crimea sarà reintegrata nel «tessuto statale ucraino» e si dice fiducioso sul supporto occidentale anche in quest’ambito. Ciò che invece scoraggia Kiev nell’immediato è il nuovo stop sulla fornitura degli F-16. Sembra che la «coalizione dei caccia» non riesca ad accordarsi sui tempi e il luogo per iniziare l’addestramento dei piloti ucraini. «Mentre l’Occidente non si decide» accusa Kiev, «l’Iran rifornisce Mosca di droni kamikaze».