Le società per la sicurezza del Regno Unito, Ambrey e Vanguard Tech, riportano che il portacontainer Msc Sky II, di proprietà della Mediterranean Shipping Company – Msc, è stato colpito da un missile a circa 140 km a sud-est di Aden. La nave è stata soccorsa dall’Ins Kolkata, potente cacciatorpediniere indiano che pattuglia il Golfo di Aden insieme alla nave gemella Ins Kochi. Una squadra specializzata dell’Ins Kolkata ha domato l’incendio provocato a bordo dal missile.

MSC È DI PROPRIETÀ di Gianluigi Aponte, con sede centrale in Svizzera. Rafaela Diamant Pinas Aponte, sua moglie e figlia di un banchiere israeliano, ha avuto un ruolo determinante nel facilitare l’accesso al credito e alla finanza israeliana. Gli Houthi hanno individuato questa connessione e prendono di mira le navi MSC.
La questione della proprietà e della nazionalità di una nave è importante perché gli Houthi hanno dichiarato di attaccare solo le imbarcazioni collegate a Israele, al Regno Unito e agli Stati Uniti. Il gruppo dichiara di mirare a interrompere il commercio israeliano e a esercitare pressioni politiche per fermare il massacro in corso a Gaza. La maggior parte delle navi che operano a livello internazionale sono registrate in paesi come Panama, le Isole Marshall o la Liberia, che offrono un servizio a basso costo e con poca burocrazia, fornendo la registrazione di base e i controlli di sicurezza richiesti dalle normative marittime internazionali.

GLI STATI UNITI hanno condotto attacchi aerei contro 230 obiettivi houthi in territorio yemenita, ha detto il vice segretario alla Difesa Daniel Shapiro in un’audizione della commissione per le relazioni estere del Senato americano. Ma la loro efficacia deterrente, in un contesto di costante ostilità, rimane fortemente in dubbio. Considerando che nonostante le azioni offensive della Marina statunitense abbiano distrutto numerosi armamenti Houthi, gli attacchi continuano.

Alcuni analisti Usa considerano l’interruzione del trasporto marittimo in qualsiasi forma una questione di sicurezza nazionale e di minaccia alla stabilità economica interna. Ma molti armatori continuerebbero a sentirsi vulnerabili se gli attacchi non dovessero cessare completamente. Sia a causa delle tattiche imprevedibili messe in atto degli Houthi, sia per le ambiguità intorno alla questione della nazionalità delle navi.

C’è poi la questione delle conseguenze ambientali, soprattutto dopo il naufragio della nave britannica Rubymar con migliaia di tonnellate di fertilizzanti tossici a bordo, che ha già prodotto una chiazza di petrolio larga 30 km. I continui attacchi potrebbero recare danni seri agli ecosistemi unici del Mar Rosso e alle industrie che dipendono da essi, come la pesca.

IL MEMBRO DEL TEAM dei negoziatori yemeniti Abd al-Malik al-Ajri ha affermato che «la responsabilità legale ed etica per qualsiasi possibile inquinamento marino derivante dal naufragio della Rubymar ricade principalmente sugli Stati Uniti d’America, poiché sono responsabili della guerra a Gaza e dell’escalation regionale che ne deriva a causa del loro ripetuto ostacolo a tutte le risoluzioni per il cessate il fuoco nel Consiglio di Sicurezza dell’Onu, sono loro che devono rispondere della militarizzazione del Mar Rosso».

Gli Houthi negano anche qualsiasi responsabilità per il danneggiamento di alcuni cavi dati sottomarini, inattivi da sabato scorso. Il ministro delle Comunicazioni e dell’Informatica del governo provvisorio, Misfer Al-Numair, ha dichiarato: «Manteniamo un contatto continuo e quotidiano con le società internazionali che gestiscono i cavi sottomarini e siamo pronti a fornire tutto il supporto e le strutture di cui disponiamo per le riparazioni necessarie».