«Siamo orgogliosi dell’operazione contro Israele che ha saputo realizzare Hamas». È ciò che dicono tanti palestinesi di Gaza, sorpresi, anche loro, delle capacità messe in mostra dall’ala militare del movimento islamico. Simili le opinioni e i commenti in Cisgiordania riguardo il «Diluvio di Al Aqsa». A questo puntava la leadership politica e militare di Hamas quando ieri ha dato via libera all’offensiva senza precedenti, prima con razzi e poi di terra e dal cielo, pianificata per mesi se non da anni.

Vuole conquistare il favore dei palestinesi non solo a Gaza, di tutti i palestinesi, demolendo il mito dell’invincibilità e della superiorità militare di Israele e dando una spallata all’Autorità nazionale palestinese (Anp) di Abu Mazen già debole e senza consensi apprezzabili in Cisgiordania.

Il movimento islamista mira a presentarsi come l’unica rappresentanza credibile dei palestinesi. Hamas intende eliminare dall’equazione il partito Fatah di Abu Mazen. In questo contesto, i recenti violenti scontri a fuoco nel campo profughi di Ain al-Hilweh in Libano, dove fazioni islamiste vicine a Hamas hanno combattuto Fatah, assumono un rilievo particolare alla luce di quanto avvenuto ieri.

Hamas inoltre fa leva sui sentimenti religiosi di buona parte della popolazione palestinese per rafforzare la sua posizione. I riferimenti alla santità della moschea di Al Aqsa sono stati continui da parte del capo dell’ufficio politico di Hamas, Ismail Haniyeh.

PRONUNCIANDO un discorso qualche ora dopo il lancio di razzi, Haniyeh ha affermato che la resistenza palestinese è impegnata «in un’epopea eroica dal titolo Al-Aqsa… L’aggressione sionista che contro la benedetta moschea di Al-Aqsa ha raggiunto il suo culmine negli ultimi giorni». Hamas si pone come il difensore del terzo luogo santo dell’Islam. E si proclama vicino ai prigionieri politici in carcere in Israele, argomento che sta a cuore a migliaia di famiglie palestinesi, soprattutto in Cisgiordania.

Le decine di ostaggi israeliani portati ieri a Gaza, saranno usati, è evidente, per ottenere la scarcerazione dei detenuti palestinesi, ha detto un portavoce del Jihad islami, organizzazione tornata a collaborare attivamente con Hamas. Infine, Haniyeh ha segnalato la vocazione del suo movimento a diventare un attore regionale: «Questa alluvione è iniziata a Gaza, si estenderà alla Cisgiordania e all’estero e in ogni luogo in cui è presente il nostro popolo e la nostra nazione».

Che uno degli obiettivi dell’attacco di ieri sia quello di innescare una sollevazione palestinese in Cisgiordania, l’ha confermato indirettamente Mohammed Deif, il comandante di Ezzedin Al Qassam, l’ala militare di Hamas, quando nel suo comunicato ha invitato «i giovani della Cisgiordania a spazzare via l’occupazione». Mohammed Deif si è rivolto ai popoli dell’Algeria, del Marocco, della Giordania, dell’Egitto e degli altri paesi arabi, dicendo: «Agite e rispondete all’appello. Il tempo delle scommesse è finito e l’occupazione deve finire».

Secondo alcuni il «Diluvio di Al Aqsa» potrebbe rallentare se non addirittura annullare la normalizzazione tra paesi arabi e Israele. Come reagirà la potente Arabia saudita data per vicina ad aprire relazioni ufficiali con Israele? Sebbene sia troppo presto per rispondere a questa domanda è già evidente che la normalizzazione si è fatta più lontana. Riyadh difficilmente potrà firmare un accordo con lo Stato ebraico sapendo che qualsiasi governo israeliano non farà alcuna concessione ai palestinesi.

ANCHE SE il paragone con la guerra del Kippur del 1973 potrebbe sembrare esagerato, è probabile che l’offensiva di Hamas avrà implicazioni che vanno oltre Gaza. Si rafforza ulteriormente l’asse Hamas-Hezbollah-Iran che ha ripreso slancio negli ultimi mesi dopo i dissapori degli anni passati. Alcuni leader di Hamas hanno trovato rifugio in Libano, e lo stesso Ismail Haniyeh visita spesso Beirut, in particolare per incontrare il segretario generale di Hezbollah, Hassan Nasrallah.

Hezbollah potrebbe partecipare all’offensiva? Molti lo ritengono improbabile. Il movimento sciita, facendolo, finirebbe per trascinare in guerra contro Israele l’intero Libano alle prese con una crisi economica spaventosa che un anno fa Hezbollah ha detto di voler alleviare raggiungendo un accordo a distanza proprio con Israele sui giacimenti di gas sottomarino.