Non c’è due senza tre: e infatti ieri anche la Geo Barents di Medici senza frontiere è stata sottoposta a fermo amministrativo in base al decreto Piantedosi. Bloccate in porto restano anche la Sea-Watch 5 e la Sea-Eye 4. Tre detenzioni simultanee hanno un forte impatto sulle capacità di soccorso delle organizzazioni umanitarie, anche se nella zona di search and rescue (Sar) stanno tornando la Ocean Viking e la Humanity 1 e nei prossimi giorni è attesa la Mare Jonio.

A Msf viene mossa la solita accusa di non aver obbedito alla sedicente «guardia costiera libica» durante il secondo dei tre soccorsi realizzati nell’ultima missione (persone salvate: 249, tra cui molti bambini). Il verbale di fermo è stato emesso dalla capitaneria di porto e dalla questura di Massa Carrara, dove la Geo Barents era approdata mercoledì. Secondo le autorità italiane la nave sarebbe entrata nell’area delle operazioni di soccorso nonostante fosse già presente la motovedetta di Tripoli Nalut.

In questa versione i libici avrebbero prima tentato di contattare via radio il ponte di comando senza ricevere risposta, mentre dalla nave venivano fatti partire i mezzi di soccorso, e successivamente ripetuto per circa due ore al comandante di virare e allontanarsi. La prima parte della ricostruzione sarebbe contenuta in una comunicazione del centro di soccorso di Tripoli, la seconda nelle registrazioni del Vdr, una sorta di scatola nera consegnata alla capitaneria di porto allo sbarco.

«I libici non ci hanno contattato prima. Sono arrivati a tutta velocità mentre stavamo ultimando il salvataggio. Siamo stati noi a tentare di contattarli – dice Fulvia Conte, coordinatrice Sar della Geo Barents – Hanno provato perfino a salire su uno dei nostri mezzi, minacciando di portarlo in Libia e creando situazioni di pericolo. Per due ore abbiamo dovuto subire le loro minacce. Noi abbiamo ripetuto una sola cosa: il soccorso era quasi finito e riportare le persone indietro sarebbe stato contro il diritto internazionale. Faremo ricorso». A sostegno di questa versione c’è un video girato dall’aereo SeaBird2, di Sea-Watch, in cui si vede che quando la motovedetta di Tripoli punta verso il gommone di soccorso di Msf il barcone dei migranti è già praticamente vuoto, i naufraghi sono stati trasferiti quasi tutti sui mezzi di salvataggio.

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Fa impressione che una manovra così spregiudicata sia condotta da un mezzo identico a quelli della guardia costiera con italiana, con gli inconfondibili colori arancione, bianco e blu. Infatti si tratta di una Cp300 nuova di zecca, uno degli ultimi mezzi regalati alle autorità nordafricane dal governo Meloni, con una cerimonia in pompa magna che si è tenuta nel febbraio 2023 nel Cantiere Navale Vittoria alla presenza del ministro degli Esteri Antonio Tajani (Fi) e dell’allora omologa libica Najla Al Mangoush (sospesa dal capo del governo Abdul Hamid Dbeibeh sei mesi più tardi).

Tornando al fermo della Geo Barents, la sanzione è stata disposta in base alla disposizione del decreto Piantedosi che punisce modalità di ricerca e soccorso che «hanno concorso a creare situazioni di pericolo a bordo» o «impedito di raggiungere tempestivamente il porto di sbarco». È la lettera f del comma 2-bis dell’articolo 1 della norma. La stessa utilizzata nel caso di Ocean Viking finito davanti al tribunale civile di Brindisi. Dove la giudice Roberta Marra ha fissato una nuova udienza per il 5 aprile: quel giorno verranno discusse due questioni di legittimità costituzionale, una formulata dalla difesa e una rilevata dal tribunale.

Intanto ieri un portavoce del ministero degli Esteri tedesco ha annunciato che Berlino continuerà a sostenere le Ong del Mediterraneo. «I finanziamenti sono previsti anche per gli anni dal 2024 al 2026», ha detto. Dal governo italiano nessuna reazione, almeno per ora.