Sono trascorsi cinque giorni dalla candida ammissione del presidente statunitense Biden sull’inutilità degli attacchi congiunti di Usa e Regno unito contro gli Houthi, il cui braccio politico Ansar Allah è governo de facto di più di mezzo Yemen: «Chiedete se (gli attacchi) funzionano, se stanno fermando gli Houthi? No. Continueranno? Sì», aveva detto Biden al microfono di un giornalista, lo scorso 18 gennaio.

Appena il giorno prima era stato lanciato il settimo attacco a postazioni del gruppo. All’alba è arrivato l’ottavo: 18 raid da Sana’a a Hodeidah, da Taiz ad al-Bayda. Dal 15 gennaio a oggi, Washington e Londra hanno colpito 91 target e inserito gli Houthi nella lista dei gruppi terroristici (a tempo, ha detto la Casa bianca, se smettono di lanciare missili sulle navi israeliane o dirette in Israele sul Mar Rosso torneranno ad avere la fedina penale quasi pulita).

Quale sia la strategia non è chiarissimo. Ieri il primo ministro Rishi Sunak si è presentato al suo parlamento per spiegare cosa sta facendo. Ha parlato di attacchi «in linea con il diritto internazionale, in autodifesa e in risposta a una minaccia immediata».

Il leader laburista Starmer gli ha chiesto se i raid funzionano, Sunak ha risposto che sì, «le prime prove dicono che tutti i nostri target sono stati distrutti». Anche stavolta la leadership Houthi ha reagito promettendo «risposte». Dal 19 novembre le forze yemenite hanno lanciato missili su 33 navi in transito sul Mar Rosso.

Ieri la Camera dei rappresentanti di Sana’a in un comunicato ha descritto gli attacchi britannico-statunitensi come volti non alla tutela della libertà di navigazione ma a difesa di Israele e a copertura del massacro contro il popolo palestinese. E ha ribadito la stessa cosa che Ansar Allah dice da mesi: le uniche navi che attacchiamo sono quelle israeliane o quelle dirette nei porti israeliani.

Una narrazione che permette al movimento-governo di rafforzarsi in casa e fare da braccio armato del suo storico sponsor, l’Iran. Sullo sfondo resta lo Yemen, massacrato da anni di bombardamenti saudito-emiratini e da una crisi umanitaria indotta dalla guerra da cui la popolazione non si è mai ripresa. Quella guerra, seppur non piovano più bombe, continua sotto altre forme.

Ieri un’inchiesta della Bbc ha rivelato una campagna di assassinii mirati nel sud dello Yemen pagata dagli Emirati arabi (che qui dettano legge): ad agire una decina di ex membri di al-Qaeda e almeno due mercenari statunitensi.