Nucleare iraniano, accordo più vicino
Vienna. Sono ripresi i negoziati nella capitale austriaca per il rilancio del Jcpoa. Tehran chiede «realismo» e garanzie, gli Usa vogliono più concessioni dagli iraniani Alla ripresa ieri dei colloqui di Vienna per il rilancio del Jcpoa, l’accordo internazionale sul programma nucleare iraniano – presenti le delegazioni di Russia, Cina, Francia, Gran Bretagna e Germania […]
Vienna. Sono ripresi i negoziati nella capitale austriaca per il rilancio del Jcpoa. Tehran chiede «realismo» e garanzie, gli Usa vogliono più concessioni dagli iraniani Alla ripresa ieri dei colloqui di Vienna per il rilancio del Jcpoa, l’accordo internazionale sul programma nucleare iraniano – presenti le delegazioni di Russia, Cina, Francia, Gran Bretagna e Germania […]
Alla ripresa ieri dei colloqui di Vienna per il rilancio del Jcpoa, l’accordo internazionale sul programma nucleare iraniano – presenti le delegazioni di Russia, Cina, Francia, Gran Bretagna e Germania e dell’Iran, e quella dietro le quinte degli Stati uniti – Tehran ha chiesto «realismo» da parte dell’Occidente, unica strada, hanno spiegato i suoi negoziatori, per arrivare al traguardo di una nuova intesa. «La parte occidentale deve prendere una decisione seria ed efficace riguardo alla revoca delle sanzioni e dimostrare che prende le distanze dalle politiche fallimentari della precedente Amministrazione Usa», ha detto il ministro degli esteri iraniano, Hossein Amir-Abdollahian, durante una conversazione telefonica con il suo omologo cinese, Wang Yi. Realismo che per l’Iran deve fondarsi su due punti: la consapevolezza che senza la rimozione delle sanzioni che colpiscono la sua economia il rilancio del Jcpoa non potrà avvenire, e che il programma nucleare iraniano continuerà, sebbene nei limiti fissati dal possibile nuovo accordo.
L’Iran non rinuncia alla sua retorica anti-Usa e da parte sua Washington invia messaggi minacciosi rafforzando la sua presenza nelle acque del Golfo. In meno di due settimane gli Usa hanno annunciato l’invio a sostegno delle forze armate emiratine del cacciatorpediniere lancia missili Uss Cole e dei caccia di quinta generazione F-22 Raptor. E sul piano diplomatico premono affinché il Qatar fornisca gas all’Iraq limitando la dipendenza di Baghdad dalle forniture iraniane. Eppure, nonostante questo clima di tensione, negli ultimi tempi sono stati fatti dei progressi per il rilancio del Jcpoa dal quale, va sottolineato, gli Usa sono usciti unilateralmente nel 2018. Secondo il negoziatore russo Mikhail Ulyanov, i negoziati sarebbero «a cinque minuti dal traguardo». Parlando al quotidiano Kommersant, Ulyanov ha rivelato che «È stata realizzata una bozza del documento finale. Ci sono diversi punti che richiedono più lavoro ma quel documento è già sul tavolo».
Il segnale di progressi fatto è stata la revoca, la settimana scorsa, delle sanzioni statunitensi sul programma nucleare civile di Tehran. In tal modo paesi e aziende straniere potranno tornare a cooperare con la Repubblica islamica in questo specifico campo. «Un buon passo in avanti, anche se ancora non sufficiente», hanno commentato dalla capitale iraniana, ammettendo però che «in alcune aree sono stati raggiunti degli accordi». L’Iran vuole la garanzia che la prossima Amministrazione Usa, democratica o repubblicana, rispetti la possibile nuova intesa e non segua le orme di Donald Trump. Gli Usa da parte loro chiedono che l’Iran non solo rispetti i punti del Jcpoa ma rallenti anche i suoi piani di armamento e cessi di dare sostegno ad organizzazioni come l’Hezbollah libanese e Ansarullah (ribelli yemeniti) schierate contro Israele e le monarchie del Golfo.
Sullo sfondo si muove Israele, che si oppone al Jcpoa ma che ha capito che l’Amministrazione Biden vuole l’accordo con Tehran. Il premier Bennett ha già chiarito lo Stato ebraico si terrà le mani libere, ossia non rinuncerà, se necessario, ad attaccare le centrali nucleari dell’Iran, a suo dire in grado di produrre ordigni atomici. Contro il Jcpoa è anche parte dei conservatori iraniani. L’ex capo negoziatore Saeed Jalili ha inviato una lettera all’ayatollah Khamenei per chiedere il ritiro dall’accordo del 2015. Jalili esorta a portare l’arricchimento dell’uranio dal 60 al 90% di purezza (consente di produrre bombe nucleari) e solo a quel punto si dovranno avviare colloqui con gli Stati Uniti sulla revoca delle sanzioni.
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