Notte buia dopo la 180
Finestre di Orosia Al cohousing una discussione sulla eredità di Basaglia, attualissima e minacciata
Finestre di Orosia Al cohousing una discussione sulla eredità di Basaglia, attualissima e minacciata
In una parte della casa del cohousing, ha abitato una comunità con pazienti psichiatrici, dall’83 al ‘94, dopo la legge 180, quando si progettavano Servizi di Psichiatria territoriale confluiti poi nel modello dei Dipartimenti di Salute Mentale. È stato un partecipare al cambiamento sociale e culturale rispetto alla malattia mentale. Questa sera, al cohousing, si commemora la psichiatra Barbara Capovani di Pisa, uccisa da un paziente. Ci sono anche Maria e Lino che lavorano in psichiatria.
Un pensiero doloroso va a Barbara Capovani, alla sofferenza dei familiari, amici, colleghi. Maria la sente come la morte di una persona cara, di una sorella. Sente in comune la fatica, le delusioni, le speranze di questa professione. Questo evento deve farci pensare all’attuale organizzazione della Psichiatria ed alle sue criticità. Smirna riporta le riflessioni di Peppe Dell’Acqua, collaboratore di Basaglia, e direttore del Dsm di Trieste per 17 anni, nell’intervista di Marco Rovelli sul Manifesto del 25 Aprile.
Per Dell’Acqua anzitutto ci devono essere prevenzione e cura, con Servizi territoriali che si prendano carico di chi soffre di un disturbo mentale, e non lo lascino a se stesso. È necessario il cambiamento da una psichiatria biomedico-burocratica a una psichiatria territoriale. Prima di imputare criticità e responsabilità alla 180 bisogna riflettere sulle questioni strutturali, sul fallimento della rete dei servizi di salute mentale territoriali. Lino condivide le riflessioni. Evidenzia il progressivo e silenzioso smantellamento dell’organizzazione territoriale costruita nei decenni post 180 che oggi porta alla difficoltà nella gestione della terapia «ordinaria» ed ancor più nelle situazioni pericolose sballottate «tra cura e controllo».
Liliana sbotta: senza il lavoro con le famiglie non si va da nessuna parte. Racconta le difficoltà sue e del marito Dario con loro figlio. Frequentano un’Associazione di familiari: il loro calvario è simile fra famiglie. Cresce isolamento, vergogna, paura, disorientamento. Presto ci si trova in un groviglio di legami contraddittori di protezione, necessità, tensione, comportamenti contraddittori ed anche ricattatori. Poi la «Via Crucis» alla ricerca di terapia, con dispendio di risorse economiche e psichiche, che lascia la famiglia in grave sofferenza.
Aggiunge Dario: della comunicazione e relazione in famiglia, con e tra operatori, altre figure di supporto, istituzioni, la psichiatria non se ne occupa. Così familiari, operatori, pazienti sono soli in una frammentazione che aggiunge follia alla follia, dolore al dolore. Seguono racconti di storie di malattia mentale. Anche se aiuta sentirsi vicini, quella che scende è una notte buia e insonne, con il timore che l’alba che arriva sia quella di un giorno in cui nulla cambia o cambia in peggio.
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