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Norme «al limite del ridicolo», il ddl Sicurezza fatto a pezzi

Norme «al limite del ridicolo», il ddl Sicurezza fatto a pezziRoma, manifestazione contro il ddl sicurezza – Massimo Percossi/Ansa

Senato Maratona di audizioni nelle commissioni Affari costituzionali e Giustizia. L’ex procuratore di Torino, Armando Spataro : «Non c’è niente di nuovo e molto di inutile». Gian Luigi Gatta, docente di Diritto penale: «L’unico provvedimento contenuto nel testo capace di produrre sicurezza è la dotazione delle bodycam agli agenti»

Pubblicato circa 2 ore faEdizione del 9 ottobre 2024

Lo hanno letteralmente fatto a pezzi. La prima maratona di audizioni sul ddl Sicurezza di ben 12 esperti tra costituzionalisti, magistrati, avvocati e professionisti dell’esecuzione penale, in un solo pomeriggio, davanti ai senatori delle commissioni congiunte di Giustizia e Affari costituzionali si può riassumere come una bocciatura generalizzata del provvedimento numero 1236. Testo nel quale, per usare le parole dell’ex procuratore di Torino, Armando Spataro, ascoltato ieri insieme agli altri, «non c’è niente di nuovo e molto di inutile».

Non avendo potuto, in soli venti minuti a disposizione, esporre un’analisi esaustiva del testo «omnibus», come lo ha chiamato il costituzionalista Alfonso Celotto, ciascuno degli auditi si è impegnato a inviare una relazione scritta più dettagliata in ossequio alla tabella di marcia al cardiopalma – che prevede non più di una trentina di audizioni in tutto – imposta dai partiti di governo per portare a casa al più presto l’ultimo pacchetto-propaganda. Un ddl che, per rimanere all’intervento di Celotto (Roma Tre), è frutto di una visione «panpenalistica» e introduce «tanti piccoli tasselli senza però mostrare una visione d’insieme».

AL CONTRARIO di quanto affermato ieri su Sky tg24 dal ministro di Giustizia Carlo Nordio secondo il quale «il ddl Sicurezza ha cercato di colmare dei vuoti normativi e di tutela per fatti che avevano destato allarme sociale», gli esperti ascoltati e interrogati ieri dai senatori delle commissioni quasi all’unisono hanno sottolineato la totale inutilità del provvedimento ai fini di una maggiore sicurezza sociale. «C’è il rischio – ha sottolineato ad esempio l’ex Garante nazionale dei detenuti, Mauro Palma – dell’utilizzo della penalità in funzione simbolica di rafforzamento della sicurezza che poi non supera molto spesso il vaglio anche dell’effettività». Di nuovo, ha aggiunto Spataro, «assistiamo a una moltiplicazione di reati e circostanze aggravanti che sono anche frutto della risonanza mediatica di qualche episodio, di una reazione popolare magari amplificata dagli stessi media».

Tanto per fare un esempio, per l’ex pm – peraltro favorevole al numero identificativo sulle divise delle forze dell’ordine – è «al limite del ridicolo la norma con cui si vuol modificare l’insieme degli “obblighi di identificazione degli utenti dei servizi di telefonia mobile e relative sanzioni” escludendo che si possano vendere carte Sim a stranieri senza titoli di soggiorno. Un’altra ferita alla loro umanità. Solo che non ci sono manco più le cabine telefoniche. Mi meraviglio – ha aggiunto con ironia il magistrato – che in quest’ottica non sia stata prevista la punizione di chi presta la carta Sim a un immigrato senza permesso di soggiorno». Occorre invece, ha concluso Spataro, «stare lontani da ogni tipo di populismo».

PAROLE AL VENTO per chi evidentemente prende come impegno l’affermazione, ricordata dal costituzionalista Marco Ruotolo, «che a minor stato sociale corrisponde maggior stato penale». Nel giorno in cui si è costretti a registrare nel carcere di Vigevano il 74° detenuto suicida dall’inizio dell’anno, Ruotolo cita un lungo elenco di sentenze della giurisprudenza costituzionale «che meriterebbero un approfondito dibattito parlamentare» e chiede se è stato mai fatto uno studio sull’impatto che le norme del ddl avranno sulle carceri. Nessuno gli risponde ma tutti conosciamo la risposta.

DI QUESTO testo «l’unico provvedimento capace di produrre sicurezza è la dotazione delle bodycam», afferma netto il docente di Diritto penale Gian Luigi Gatta secondo il quale tutto il resto «si concentra su fenomeni che vedono come autori del reato persone che vivono in contesti di marginalità sociale», e «al contempo prevede una serie di disposizioni a favore delle forze di polizia». Come ad esempio il reato di occupazione di immobili, che prevede «una pena da 2 a 7 anni che è la stessa degli omicidi sul luogo di lavoro: francamente sproporzionata». Si tratta dunque solo della summa di «nuovi reati che rischiano di rallentare il processo penale proprio nel momento in cui dobbiamo raggiungere entro il 2026 gli obiettivi del Pnrr».

DAL REATO DI RIVOLTA alle occupazioni abusive, dalla resistenza passiva alle manifestazioni contro la costruzione di opere pubbliche, i 14 nuovi reati e le 9 nuove circostanze aggravanti «rischiano la bocciatura in Consulta», avverte Gatta. La docente di Diritto costituzionale a Torino, Alessandra Algostino spiega nei dettagli perché. In sintesi, seguendo «la logica identitaria della dicotomia amico/nemico» dove il nemico è «il disagio sociale, il dissenso e i migranti», spiega la professoressa, «le norme del ddl non hanno carattere di generalità e astrattezza che dovrebbe avere la legge». Ci sono poi articoli, come quello appunto sulle occupazioni di case, «scritto in una maniera tale che io non lo capisco francamente», dice addirittura Giovanni Salvi, magistrato e già procuratore generale presso la Corte di Cassazione, spiegando quali sono gli «elementi di imprecisione» che «si trasformano un domani in un contenzioso giudiziario che porta ulteriore discredito sulla magistratura. Perché – conclude – questa norma non potrà essere applicata».

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