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Bollettino Covid, l’epidemiologa: «Normalità non significa mancanza di informazioni»

Bollettino Covid, l’epidemiologa: «Normalità non significa mancanza di informazioni»Plastic waste pollution underwater since coronavirus COVID-19 pandemic, face mask with gloves in the ocean and blue sky with cloud, split view over and under water surface

Intervista L'epidemiologa Stefania Salmaso commenta la decisione ministeriale di interrompere la pubblicazione giornaliera dei dati sul Covid.

Pubblicato quasi 2 anni faEdizione del 29 ottobre 2022

Professoressa Stefania Salmaso, da epidemiologa come giudica la decisione del ministro Schillaci di non pubblicare i dati sulla pandemia?
Ancora non sappiamo cosa significhi: i dati su base giornaliera non saranno più raccolti oppure non saranno più comunicati? In entrambi i casi, la decisione ci preoccupa. Oltre alle tante tragedie, la pandemia aveva portato anche una novità positiva: la disponibilità tempestiva dei dati sui casi, sui ricoveri e sui decessi. Anche per le vaccinazioni la disponibilità di dati consultabili direttamente dall’anagrafe nazionale è stata una bella novità. Per le altre malattie queste informazioni non sono facili da trovare: spesso servono mesi per sapere, ad esempio, quante persone si sono vaccinate contro l’influenza. Un genitore oggi riceve l’invito a vaccinare il proprio bambino contro molte infezioni. Ma non ha modo di controllare quanti bambini si ammalano di infezioni prevenibili e che rischio si corre. Non è un grande sforzo: il sistema di notifica nazionale esiste ed è già informatizzato.

Perché nascondere informazioni che vengono comunque raccolte?
A quanto pare, leggere i dati quotidiani ricorda lo stato di emergenza all’opinione pubblica e questo ostacolerebbe il ritorno alla normalità. Ma se la normalità è la mancanza di informazione, allora la normalità è un problema ed è meglio non tornarci. Questa era un’occasione per innalzare gli standard di trasparenza: cioè, per aggiungere alla digitalizzazione anche la pubblicità dei dati in modo tempestivo. Finché abbiamo avuto i dati a disposizione, ci è parso di avere il polso della situazione, almeno per la pandemia di Covid.

Perché non è sufficiente avere dati settimanali?
Avere i dati su base giornaliera consente di compiere analisi che su base settimanale non si possono fare. Ad esempio, la nostra Associazione Italiana di Epidemiologia, e in particolare il gruppo di ricerca guidato da Cesare Cislaghi, ha messo a punto un indice di replicazione del numero di casi di Covid più tempestivo di quello misurato settimanalmente dall’Iss sui soli sintomatici e senza bollettino quotidiano non si può calcolare. Si può immaginare di non comunicare questi dati giornalmente attraverso i media; ma perché non lasciarli a disposizione di tutti? Ma il problema non riguarda tanto gli esperti, che un modo per ottenere i dati magari lo troveranno. La questione investe tutta la cittadinanza.

Perché riguarda anche i non esperti?
Quando si chiede ai cittadini di adottare comportamenti di prevenzione, è bene che sia garantita la massima trasparenza. E oggi vale ancora di più: in questa fase ci sono pochi provvedimenti calati dall’alto e si punta soprattutto sulla consapevolezza individuale. Perciò la disponibilità delle informazioni diventa cruciale. Avere i dati non serve a fare statistiche. È utile soprattutto per prendere decisioni tempestive e identificare gli spazi di miglioramento. Con una malattia a diffusione rapida come il Covid-19, abbiamo imparato che spesso bisogna cambiare strategia nel giro di pochi giorni.

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