È durata mezz’ora la visita del ministro della Giustizia Carlo Nordio al congresso di Palermo dell’Associazione nazionale magistrati: arrivo alle 10 e 30 in punto, foto di rito con il presidente Giuseppe Santalucia, breve intervento, saluti, qualche battuta con i giornalisti. E a casa per il sospirato weekend.

Un record di velocità che il guardasigilli comunque ha fatto pesare, perché, dice, il giorno prima era al G7 di Venezia e si è precipitato in Sicilia solo per mostrare la sua buona predisposizione verso la categoria di cui (un po’) ancora si sente parte. «Ho fatto il magistrato per quarant’anni», ha ribadito anche qui, come del resto fa sempre, prima di elencare, tra un motto in latino e un’autocitazione, i temi che lui ritiene prioritari: la lotta all’immigrazione clandestina, l’intelligenza artificiale, la criminalità internazionale e il Fentanyl, l’analgesico che «negli Usa ha fatto più morti della guerra in Vietnam».

ALLA FINE il regalo di una notizia scontata prima ancora che attesa: la famosa riforma della giustizia, quella della separazione delle carriere, del doppio Csm, dell’alta corte e forse pure dell’abolizione dell’obbligatorietà dell’azione penale si farà – «I cittadini ci hanno dato questo mandato» – ma non subito: «Siamo in campagna elettorale che riduce di molto le possibilità di riunione del parlamento e dello stesso governo: su questo non ho una data». Quindi a risentirci dopo le europee. Che vuol dire dopo l’estate. Quando però ci sarà da affrontare il bilancio, e allora chissà.

Niente male per un provvedimento che, appena pochi giorni fa, lo stesso Nordio aveva dato per imminente, quasi cotto e pronto da mangiare. Ma forse troppo difficile da digerire: le toghe hanno detto che si opporranno senza tentennamenti, perché «non è una questione sindacale», ma «culturale e costituzionale». E la cosa mette d’accordo tutte le correnti: quelle di sinistra, quelle di centro e persino quelle di destra, assai raramente ostili al governo Meloni.

Dunque fa poco effetto il tentativo di rassicurazione del ministro: «L’assoluta indipendenza del pm è un principio non negoziabile». Però, sia chiaro, «la separazione delle carriere si farà». Una dichiarazione d’intenti che non ci sposta di un millimetro dal giorno in cui si è insediato in via Arenula, alla fine dell’ottobre del 2022. Il passo indietro rispetto all’accelerazione prospettata la settimana scorsa è evidente.

E infatti se ne sono accorti tutti. Così, con una battuta, l’ex presidente dell’Anm Eugenio Albamonte, esponente di Area democratica per la giustizia: «Credevo che avrei dovuto parlare della riforma, invece ho scoperto grazie a Nordio che il principale problema della giustizia al momento è il Fentanyl».

Per il resto i toni dei magistrati che hanno preso parte alla lunga maratona di ieri – decine di interventi dalla mattina fino al tardo pomeriggio – sono stati ovviamente molto critici verso la futura riforma, ma è mancato il pathos della battaglia campale che ci si aspettava. Effetto del rinvio sine die annunciato da Nordio.

Poco prima dell’ora di pranzo è arrivata a Palermo anche Elly Schlein, il cui intervento è stato più volte interrotto dagli applausi. Un particolare del quale la troupe di un talk show di Mediaset ha chiesto conto a ogni giudice incrociato all’esterno del Marina Convention Center: «Perché avete battuto le mani più a lei che a Nordio?». Complimenti a chi è riuscito a rispondere senza ridere.

Elly Schlein
«Separare le carriere è l’anticamera della sottomissione al governo»

SCHLEIN, e questo è il punto politico, ha bollato la separazione delle carriere come «l’anticamera della sottomissione dei magistrati all’esecutivo». La minoranza riformista del Pd, sul tema, potrebbe avere idee molto diverse, e nei prossimi giorni vedremo se ci saranno reazioni. Moderati e senza particolare sussulti gli interventi del deputato di Azione Enrico Costa, storico alfiere del garantismo più critico verso le toghe, e di Matteo Renzi, il cui garantismo invece si è manifestato più recentemente, dopo i primi guai giudiziari (è sempre il premier che voleva mettere il magistrato Nicola Gratteri al ministero della Giustizia, del resto).

Oggi il congresso finisce con la presentazione della mozione. Da domani le correnti cominceranno a prepararsi per l’elezione del nuovo comitato direttivo centrale a gennaio. In quella sede bisognerà scegliere il successore di Santalucia.