Sono esattamente vent’anni che esiste a Roma il Garante territoriale dei diritti delle persone private di libertà, il primo in Italia. Un anniversario commemorato ieri in Campidoglio con un convegno che ha fatto il punto della condizione carceraria italiana, alla presenza del ministro della Giustizia Carlo Nordio. Ma quest’anno si celebra anche il decennale della legge che ha istituito il collegio della stessa Autority a livello nazionale. Ora, proprio mentre si attende in questi giorni la nomina ufficiale della nuova triade di Garanti nazionali costituita da giuristi indicati dalla destra e dal M5S ma poco graditi alle associazioni di settore (D’Ettore, Conti e Serio, in sostituzione degli uscenti Palma, De Robert e Rossi; la parola sta alla Corte dei Conti e poi la formalizzazione avverrà tramite decreto presidenziale), la Conferenza dei Garanti territoriali ha eletto ieri a nuovo Portavoce il campano Samuele Ciambriello, un vero “pasionario” dei diritti dei detenuti, colui che consegnò per primo alla procura di Napoli le denunce di alcuni reclusi, vittime dell’«orribile mattanza» del carcere di Santa Maria Capua Vetere.

Ciambriello – che con 46 voti su 79 è stato eletto come Portavoce per il biennio 2023-2025 al posto dell’uscente Stefano Anastasia, attuale Garante del Lazio – è convinto che la Conferenza territoriale potrà stabilire con il nuovo collegio nazionale indicato dalle destre «un dialogo costruttivo, come quello già iniziato con il nuovo capo del Dap». «Proprio per loro – dice raggiunto al telefono dal manifesto -, che rispetto ai Garanti nazionali uscenti hanno una minore conoscenza diretta del mondo della detenzione, noi possiamo fare da ponte con il territorio. È importante ricordare che il Garante non ha solo un ruolo di denuncia o monitoraggio. Il carcere è una comunità fatta di detenuti e detenenti, e noi ci occupiamo di tutti, perché se stanno bene gli uni stanno bene anche gli altri».

«I Garanti sono un elemento fondamentale di civiltà nella concezione della modernità verso la figura del reo e della funzione penale. La nostra porta è sempre aperta», ha assicurato il ministro Nordio intervenendo in Campidoglio al convegno «Vent’anni di Garante di Roma Capitale». Parole che non avranno mandato in estati molti sindacati di polizia penitenziaria che alla loro parte politica di riferimento, oggi al governo, avevano chiesto di indebolire o perfino cancellare questa figura di garanzia per tutti coloro che si trovano in una condizione di privazione della libertà personale, detenuti e non solo.

Nordio ha parlato di molte cose, nel suo intervento: ha sottolineato il ruolo fondamentale del lavoro nel percorso di reinserimento sociale dei detenuti; ha indicato «la nostra idea» per combattere il sovraffollamento nella possibilità di «individuare nelle caserme dismesse spazi compatibili con detenuti di minore pericolosità, dove ci sono spazi idonei allo sport e al lavoro». Ha anche definito l’antico carcere romano di Regina Coeli come «incompatibile con una struttura carceraria moderna» e più adatto ad essere trasformato in museo, così come proposto anche dalla stessa direttrice Claudia Clementi ( il manifesto del 30 settembre 2023).

Ma soprattutto Nordio, nella modalità in cui ormai ci ha abituato, in quel contesto ha tirato fuori la sua anima garantista, riuscendo però a rimetterla immediatamente sui binari imposti dalla premier Meloni: «Dal punto di vista normativo abbiamo un sistema che si è sedimentato in modo contraddittorio. Il nostro Governo ha aumentato i reati e le pene contro alcuni reati odiosi. Ma per una certa percentuale di detenuti si tratta di reati minori, e l’espiazione delle pene non dovrebbe essere affidata alle sbarre ma a misure alternative», ha detto. Aggiungendo poi: «Che già esistono e a cui stiamo lavorando».