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Non solo bugiardo: le relazioni pericolose di George Santos

Non solo bugiardo: le relazioni pericolose di George SantosGeorge Santos alla Camera dei Rappresentanti – Ap/Andrew Harnik

Stati uniti La campagna elettorale del neo eletto deputato repubblicano ha ricevuto finanziamenti da fonti oscure e società fantasma. I giornali americani stanno esplorando la teoria che Santos sia un Manchurian Candidate, un candidato fantoccio di qualcuno che deve restare nell’ombra

Pubblicato quasi 2 anni faEdizione del 18 gennaio 2023

Arriveranno prima le manette o le dimissioni? La storia di George Santos, il neoeletto deputato repubblicano di Long Island, si complica: forse non si trattava solo di un bugiardo patologico, di un giovanotto imbranato che, durante la campagna elettorale, si era spacciato per milionario, addirittura un veterano di Wall Street.

Seguendo il sacrosanto principio del giornalismo investigativo, Follow the money! i cronisti americani hanno scoperto una miniera di notizie succose. Primo, non è del tutto chiaro che Santos si chiami veramente Santos perché ancora un paio d’anni fa aveva usato sul lavoro il nome da ragazza della madre, Devolder.

SECONDO, ha una serie di amicizie pericolose che ruotano attorno a un italiano espulso dagli Stati uniti nel gennaio 2019, Rocco Oppedisano. Oppedisano è stato intercettato mentre pilotava verso la Florida uno yacht carico di 14 migranti cinesi, insieme a 200.000 dollari in contanti, probabilmente il pagamento per il viaggio da parte dei migranti stessi.

Il clan Oppedisano aveva fondato un comitato di sostegno Small Businesses for Santos Coalition, con la nipote di Rocco, Tina, come presidente. La campagna elettorale di Santos, già sotto osservazione per le sue spericolate manovre finanziarie, aveva speso 25.443,64 dollari presso il ristorante della famiglia a Queens, Il Bacco, nel 2020, e altri 18.773,54 per il party dopo la vittoria elettorale del 2022.

Santos continua a sostenere di aver messo soldi suoi nella campagna elettorale, circa 700.000 dollari, ma nessuno ci crede veramente: la sua storia da adulto è caratterizzata da un tenore di vita molto modesto e da una scia di debiti non pagati con proprietari e creditori, perfino il furto di un libretto di assegni quando viveva in Brasile.

Le fonti di quei soldi rimangono quindi oscure e le indagini delle autorità partono dal fatto che è illegale, per un candidato, ricevere donazioni da stranieri. Gli esperti sono al lavoro: nei documenti delle spese elettorali di Santos compaiono almeno una mezza dozzina di volte delle spese presso Il Bacco, sotto la voce “Cibo e bevande” ogni volta per 199,99 dollari, un centesimo in meno della soglia di $200 che avrebbe imposto agli organizzatori della campagna di Santos di conservare le ricevute del pagamento. Non solo: compaiono spese compiute in vari stati americani, il che è strano per un’elezione locale come quella di Long Island, uno dei cinque municipi di New York.

Terzo, e più importante, ancora non si sa da dove provengano i quattrini di Santos. Il deputato continua a sostenere che vengono dal suo lavoro presso la Devolder Organization, che descrive come una società di consulenza, ma il New York Times non è riuscito a trovare proprietà o beni pubblici collegati alla società, con ogni probabilità una scatola vuota. Quindi i giornali americani stanno esplorando la teoria che Santos sia un Manchurian Candidate, un candidato telecomandato da qualcuno che deve assolutamente restare nell’ombra.

QUELLO CHE SI È SCOPERTO fino ad ora, però, non porta a Mosca o a Pechino, non sono emersi complotti degni della guerra fredda (anche se Santos ha un cugino in rapporti d’affari con oligarchi russi).

Sono comparsi invece i nomi di due società piuttosto misteriose, Harbor City Capital e RedStone Strategies. Harbor City Capital, per cui Santos ha lavorato, secondo le autorità di controllo era una società finanziaria che raccoglieva fondi secondo il celebre “sistema Ponzi”, ovvero prometteva appetitosi interessi pagando i primi investitori con i versamenti di altri ingenui che entravano successivamente nell’imbroglio (l’ideatore, ancora un italiano, era il celebre Charles Ponzi, che negli anni Venti del Novecento aveva inventato il trucco).

Le autorità non hanno però ancora accertato se la defunta Harbor City Capital fosse all’origine dei 700.000 dollari che Santos ha messo a disposizione per farsi eleggere. Questo è un punto importante perché un candidato può legalmente finanziare la propria campagna elettorale ma se i soldi non sono suoi questo è un reato.

L’ALTRO POSSIBILE finanziatore è un Pac (un gruppo di sostegno a un candidato) chiamato RedStone Strategies, che è stato attivissimo nel raccogliere fondi presso i tradizionali sostenitori del partito repubblicano, ottenendo ben 800.000 dollari in donazioni e promettendo di usarli per spot televisivi a favore di George Santos.

Qui, però, il mistero si infittisce perché non risulta che i costosi spot promessi siano mai stati realizzati e diffusi, come ha scoperto il New York Times, il che fa pensare che quella di RedStone Strategies fosse un’altra truffa, stavolta con i finanziatori del partito repubblicano come vittime.

Una coincidenza che incuriosisce la magistratura (false dichiarazioni fiscali negli Stati uniti ti portano dritto in galera) è il fatto che questo Pac avesse sede nello stesso condominio della Florida dove abitava Santos, dove aveva gli uffici la Devolder Organization. E, sempre allo stesso indirizzo abita un tale Jason Benoit, che lavorava dove…? Anche lui a Harbor City Capital.

IN TUTTO QUESTO una sola cosa è chiara: Santos non è soltanto un bugiardo ma molto probabilmente un truffatore e i repubblicani della sua circoscrizione chiedono a gran voce le sue dimissioni. Quanto ai democratici, hanno ironicamente depositato un progetto di legge con il titolo “Santos Act”, dove S.A.N.T.O.S. è l’abbreviazione di “Stopping Another Non Truthful Office Seeker” ovvero “Fermare un altro bugiardo candidato a cariche pubbliche”.

Pene previste: 100.000 dollari di multa o un anno di galera, o entrambi. Attendiamo la prossima puntata.

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