Ci sono voluti tre giorni, ma alla fine Emmanuel Macron si è deciso a dire la sua. «Nessuno ha vinto» le elezioni legislative, ha scritto il presidente della Repubblica in una «lettera ai francesi» pubblicata dalla stampa regionale ieri, 96 ore dopo la vittoria del Nuovo Fronte Popolare, che ha conquistato la maggioranza relativa dei seggi.

Un’evidenza di fronte alla quale l’inquilino dell’Eliseo ribatte che «solo l’insieme delle forze repubblicane» sono in grado di rivendicare una maggioranza assoluta. Per questa ragione, Macron invita «l’insieme» dell’arco repubblicano a «costruire una maggioranza solida». Poi, il presidente deciderà «la nomina del primo ministro, cosa che presuppone di lasciare un po’ di tempo alle forze politiche per costruire dei compromessi». Intanto secondo Politico Macron si preparerebbe ad accettare le dimissioni del primo ministro Gabriel Attal il 17 luglio prossimo. Dure le prime reazioni alla proposta del presidente. E se i socialisti lo invitano a scegliere il nuovo premier nel Nuovo fronte popolare, Jean-Luc Mélenchon usa toni più duri: «Un caso unico nel mondo democratico: il presidente si rifiuta di riconoscere il risultato delle urne, è il ritorno del veto del Re sul suffragio universale», ha scritto su X il leader di Lfi, mentre Marine Le Pen in serata ha parlato di «circo indegno».

LA FORMULA ricorda quanto detto poche ore prima dal ministro degli Interni Gérald Darmanin, intervenuto in mattinata su Europe1, la radio del gruppo di media ultra-conservatori del magnate Vincent Bolloré. Bisogna «prendere un po’ di tempo per evitare il dramma del Fronte Popolare», ha detto Darmanin, dando il tono della strategia della macronie per evitare che la sinistra vittoriosa (per quanto priva di una maggioranza assoluta) possa esprimere un governo.

L’obiettivo è far scorrere le lancette, sperando che ci si dimentichi che il Nfp è la prima forza del parlamento, che ci si scordi della disfatta della compagine parlamentare macronista, uscita con le ossa rotte dalle legislative. Il partito di Macron, Renaissance, è praticamente dimezzato rispetto allo scrutinio del 2022, e la sua coalizione è ormai ridotta a 168 seggi, rispetto ai 245 di due anni fa e ai 351 del 2017.

Di fronte all’impietosa matematica, è naturale per i macronisti puntare all’appoggio della destra gollista, forte di una cinquantina di seggi. Il loro nuovo capo, Laurent Wauquiez, ha rigettato l’idea di una coalizione, ma si è detto disponibile a un «patto legislativo», promettendo di opporsi «a ogni forma di governo espressa dal Nfp», secondo quanto riportato ieri dall’Agence France-Presse.

Anche con l’aiuto dei seguaci di Wauquiez, tuttavia, la maggioranza assoluta resta molto lontana. Qualcuno ha persino tirato in ballo il sempiterno François Hollande, ritornato deputato coi socialisti. Ma l’arrivo di qualche transfugo moderatamente social-democratico non basterà a varcare la soglia dei 289 deputati necessari per una maggioranza assoluta.

CHE L’INSPERATO successo della gauche abbia sparigliato le azzardate previsioni dell’Eliseo appare sempre più chiaro, mano a mano che i principali quotidiani del paese pubblicano inchieste e rivelazioni sugli abboccamenti tra il campo macronista e l’estrema destra.

Ieri, Libération ha rivelato che Thierry Solère, “consigliere ombra” di Emmanuel Macron, negli ultimi mesi ha ricevuto più volte a casa sua Jordan Bardella e Marine Le Pen, «talvolta in presenza di membri importanti del campo presidenziale» come l’ex-primo ministro Edouard Philippe e l’attuale ministro dell’esercito Sébastien Lecornu.

Secondo Le Monde, invece, Macron avrebbe cercato di sabotare il «fronte repubblicano» prima del secondo turno. Mentre il primo ministro Gabriel Attal cercava di convincere i candidati macronisti a desistere laddove necessario, al fine di sbarrare il passo all’estrema destra «alcuni candidati sono stati contattati dall’Eliseo, talvolta persino dal capo dello stato, per chiedere che si tenessero alla larga dal nascente fronte repubblicano», ha scritto il più importante giornale del paese in un’inchiesta pubblicata il 5 luglio.

IRONIA DELLA SORTE, è proprio il presidente della Repubblica a invocare oggi il «fronte repubblicano», con l’obiettivo di sommare partiti diversi al fine di scalzare il Nfp dal gradino più alto del podio. Seppur minoritaria, una coalizione dei macronisti, dei gollisti e di qualche dissidente avrebbe – forse – una ventina di deputati in più rispetto al Nfp e potrebbe, allora, pretendere di essere la maggioranza relativa alla quale spetta la nomina del premier.

Di fronte a tali manovre, i leader del Nfp hanno diramato un comunicato unitario martedì sera denunciando il fatto che, nel rifiutare di nominare un premier di sinistra, Macron stia «dirottando le istituzioni».