Non c’è giustizia per Iyad, il George Floyd palestinese
Iyad Hallaq
Internazionale

Non c’è giustizia per Iyad, il George Floyd palestinese

Gerusalemme Il giovane, con bisogni speciali, fu ucciso da un poliziotto israeliano per essere fuggito durante un controllo. Ieri tre palestinesi uccisi a Nablus e Umm Safa
Pubblicato più di un anno faEdizione del 8 luglio 2023
Michele GiorgioGERUSALEMME

Il 27 febbraio del 2022, Rana Hallaq si accingeva ad entrare in tribunale per il processo riguardante l’uccisione del figlio autistico, Iyad, compiuta quasi due anni prima da poliziotto nella città vecchia di Gerusalemme. Quando la sua attenzione fu catturata dalle decine di attivisti israeliani di destra che a breve distanza scandivano slogan a sostegno dell’agente. Si avvicinò turbata. «Perché difendete chi ha assassinato mio figlio, un ragazzo disabile che non aveva fatto nulla?», disse rivolgendosi al gruppetto di estremisti. «Allontanati terrorista!» rispose perentorio Itamar Ben Gvir, a quel tempo uno degli ultranazionalisti più noti. La scena fu filmata e postata su Twitter dal giornalista Nir Hasson.

Oggi Ben Gvir è il ministro israeliano della Sicurezza e uno degli esponenti più influenti del governo di estrema destra guidato da Benyamin Netanyahu. Fedele a quanto aveva detto quel 27 febbraio, non ha tardato ad esprimere la sua soddisfazione per la sentenza che giovedì ha assolto il poliziotto, di cui non è nota l’identità, che ha ucciso il disabile palestinese. I giudici hanno accolto la tesi della difesa secondo la quale l’agente avrebbe sparato e ucciso perché certo di trovarsi di fronte a un terrorista. Rana Hallaq l’altro giorno ha abbandonato ogni speranza di giustizia per Iyad. «Mio figlio era un giovane autistico, inerme e incapace di costituire una minaccia, la sua unica colpa è stata quella di essere palestinese» ha commentato la sentenza tra rabbia e lacrime.

Per i palestinesi la sentenza rende evidente l’esistenza di una «doppia giustizia» nelle corti israeliane, una per ebrei e una per i palestinesi. E il caso di Iyad Hallaq ne sarebbe una ulteriore dimostrazione. Il giovane, 32 anni, ogni giorno dal suo quartiere, Wadi al Joz, si recava con una assistente sociale a un centro per disabili nella città vecchia di Gerusalemme. Avvicinato da agenti di polizia perché stringeva un oggetto in una mano – che poi si sarebbe rivelato un giocattolino di plastica -, fuggì impaurito. La morte di Hallaq da molti fu paragonata a quella di George Floyd negli Usa e apparve l’hashtag #PalestinianLivesMatter. Per la corte invece il poliziotto agì per legittima difesa, commise un «errore in buona fede» e «non sapeva che Iyad fosse un uomo innocente con bisogni speciali». I giudici non sembrano aver tenuto conto del fatto che il poliziotto si lanciò all’inseguimento di Iyad in preda al panico e gli sparò dopo averlo raggiunto senza che il giovane disabile avesse fatto alcun gesto aggressivo. La morte di Hallaq, affermano i palestinesi e anche attivisti israeliani, è la conseguenza del «grilletto facile» di poliziotti e soldati che ha portato negli ultimi anni all’uccisione di civili palestinesi innocenti.

Anche gli israeliani contro l’occupazione dei territori palestinesi sempre più spesso fanno i conti con il pugno di ferro delle autorità. Ieri circa 400 attivisti mobilitati da varie organizzazioni, come Peace Now, sono stati accolti da una pioggia di lacrimogeni prima di Homesh, in Cisgiordania, la colonia israeliana demolita durante il «ridispiegamento» del 2005 e che la destra intende ricostruire incurante delle proteste palestinesi e internazionali. Uno scontro violento tra attivisti di destra e sinistra si è sfiorato ieri pomeriggio a Gerusalemme Est durante il sit-in settimanale a Sheikh Jarrah contro le espulsioni delle famiglie palestinesi. Qualche ora prima uno scontro ben diverso era avvenuto a Nablus dove due combattenti palestinesi, accusati da Israele di una sparatoria al Monte Gerizim (Nablus) sono stati uccisi da soldati. Un terzo palestinese è caduto sotto il fuoco dell’esercito a Umm Safa.

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