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Noi e la sinistra greca, un legame particolare

Noi e la sinistra greca, un legame particolareLuciana Castellina alla presentazione dei candidati di Syriza alle elezioni del 2019 (Pireo, Atene)

Fuori di testata Non è un caso se in Grecia qualcuno ha avuto la burlesca idea di fare un giornale mettendogli il nome «manifesto». Non solo lo stesso nome nostro, ma anche la stessa nostra grafia

Pubblicato più di 2 anni faEdizione del 17 luglio 2022

Non è un caso se in Grecia qualcuno ha avuto la burlesca idea di fare un giornale mettendogli il nome «manifesto». Non solo lo stesso nome nostro, ma anche la stessa nostra grafia. Non un caso, dicevo, perché tutti sanno, in Grecia, che cos’è il manifesto per via della storica relazione che abbiamo con Syriza. Fra noi e la sinistra greca c’è un rapporto che dura dal 1967, da quando, più di mezzo secolo fa, ci fu il colpo di stato dei colonnelli.

Fu allora infatti che moltissimi greci – soprattutto studenti – divennero esuli politici in Italia. E fu dunque a partire da tante discussioni «sessantottine» cui presero parte, in cui l’embrione di quello che due anni dopo divenne il manifesto era autorevole protagonista, che maturò la scissione del vecchio partito comunista greco. Che si divise in due ali, quella cosiddetta dell’«esterno», così chiamata perché la sua leadership era strettamente dipendente da Mosca, e quella dell’«interno». Una decisione maturata da tempo. Un distacco del resto già anticipato nella pratica, nel periodo pre-golpe, quando ambedue i gruppi Pc militarono nell’Eda, la formazione che rappresentò la sinistra quando i comunisti erano fuori legge.

Ascolta l’intervista di Dimitri Deliolanes a Radio Radicale

Il Partito comunista italiano (Pci) era chiaramente d’accordo con l’ala dell’interno, ma i suoi rapporti con il Pcus gli vietavano legami ufficiali con gli scissionisti. E fu così che è proprio con noi come Manifesto-Pdup che il nuovo partito diretto da grandi compagni come Leonida Kirkos, ed eroi come Kostas Filinis, strinse un particolare rapporto. Per molti anni, poiché avevo già seguito a lungo le vicende greche per conto di Paese sera, fui io a partecipare per l’Italia ai suoi congressi. Fra l’altro avevo già da tempo stretti legami con loro e infatti ero ad Atene al momento del colpo di stato ed ebbi l’onore di essere in quell’occasione la prima giornalista arrestata dai colonnelli.

In seguito sono accadute tante cose nel mondo. In Italia si è sciolto il Pci. L’Urss non c’è più. E anche in Grecia è mutata la geografia politica: il Pc dell’interno divenne punto di riferimento di una nuova formazione di sinistra in cui confluirono anche altri gruppi politici, prima chiamata Synapsismos, poi Syriza.

È con quest’ultima che il legame col manifesto si è rafforzato ancora di più, perché è stato proprio questo giornale a informare e sostenere la straordinaria avventura di Tsipras, che da una percentuale di voto al di sotto del 10% è riuscito ad arrivare, nel 2015, al 36,8%. Una battaglia che la sinistra italiana ha seguito con grande passione, partecipando direttamente a tutte le grandi manifestazioni che si sono svolte ad Atene in quel periodo. Dove infatti si cantava Bella Ciao: dagli altri paesi erano arrivate ristrette delegazioni, noi ci siamo dovuti ritrovare nell’aula magna dell’università tanti eravamo.

Al governo Tsipras, un evento storico per la Grecia, il Kke, il partito dell’esterno che ha sempre conservato una piccola rappresentanza parlamentare, ha addirittura votato rabbiosamente contro. Alle ultime elezioni Syriza non è riuscita a battere la coalizione di destra. Ma forse pochi si sono resi conto che il partito di Tsipras ha tuttavia ottenuto la più alta percentuale di voti di tutta la sinistra europea, comunista e socialdemocratica, del Nord e del Sud.

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