L’occupazione dell’edificio più simbolico della Columbia University è durata meno di due giorni. 50 anni prima, per sgomberare gli studenti che avevano occupato la Hamilton Hall come protesta verso la guerra in Vietnam, la Nypd era entrata attraverso i sotterranei, questa volta, invece, l’ha fatto rompendo un vetro ed entrando dalla finestra, mentre decine di telecamere e telefonini filmavano la scena.

UN PAIO DI ORE prima le strade si erano riempire di agenti in tenuta antisommossa, in un numero tale da riempire le strade chiuse al traffico attorno a tutta la zona del campus. Quel dispiegamento di forze non era destinato solo alla Columbia, ma anche alla non lontana Cuny, l’università pubblica di New York, che si trova 20 isolati più a nord, ad Harlem.
Come la rivoluzione, anche gli sgomberi non sono un pranzo di gala: uno studente della Columbia è caduto mentre scendeva le scale trasportato dalla polizia per essere portato al commissariato, altri riferiscono di essere stati spinti e strattonati, ma tutto questo alla fine si è verificato in modo più brutale alla Cuny. Gli agenti di polizia sono entrati in gran numero nel campus dell’università pubblica e hanno arrestato 173 persone, spingendole nei furgoni con ancora meno gentilezza, mentre la maggior parte della stampa era impegnata a coprire lo sgombero della storica Columbia.

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«SONO DUE REALTÀ diverse – spiega Sam Meyer, osservatore legale che si trovava alla Cuny per assicurarsi che venissero rispettati i diritti degli studenti – la Columbia è una Ivy League famosa nel mondo. Durante gli arresti precedenti, ci sono finiti in mezzo figli di deputati, di grandi famiglie di intellettuali. C’è molta attenzione mediatica attorno a quel campus, e questo la polizia lo sa. Qua alla Cuny, anche solo perché ci sono molti meno giornalisti, e chi è presente è per lo più stampa locale, è chiaro che la polizia si concede più libertà nello strattonare gli studenti».

IL NUMERO complessivo di arresti fra Colombia e Cuny, in una sola notte, è stato di 300 persone, ma questo non è bastato a fermare la protesta. Poche ore dopo un’altra università, la Fordham University, ha allestito una tendopoli pro Palestina nell’atrio del college che si trova all’interno del complesso del Lincoln Center. La mobilitazione qui è durata meno di 24 ore e si è conclusa con 15 arresti.

Come ha fatto notare Tyler Austin Harper su The Atlantic, queste università, famose per essere super progressiste, hanno passato anni a dire che l’attivismo non è solo benvenuto ma anche incoraggiato nei loro campus, gli studenti li hanno presi in parola, ma a quanto pare la realtà è un’altra. I rettori chiamano la polizia per sgomberare i campus, sostenendo che al loro interno ci sarebbero agitatori ed infiltrati che vogliono radicalizzare la protesta studentesca. Questa però non è la versione dei manifestanti.
Chi più di tutti si è opposto a questa narrazione è il gruppo degli studenti di giornalismo della Columbia che conduce le trasmissioni di Wkcr, la radio universitaria che durante lo sgombero è stata la fonte principale per avere le informazioni riguardo cosa stava accadendo all’interno, dove la stampa non era ammessa. Quella notte il numero di ascoltatori di Wkcr è così alto che il suo sito web si è bloccato ed ha presentava interruzioni intermittenti fino a mercoledì pomeriggio.

ORA LE RADIO universitarie sono diventate le fonti di riferimento e molti ascoltatori di Wkcr, tra cui il conduttore di The Daily (podcast quotidiano del New York Times) Michael Barbaro, hanno elogiato gli studenti per il loro lavoro, dicendo che grazie a loro il futuro del giornalismo sarà «luminoso».

QUESTO MOVIMENTO studentesco che sembra non ci sia verso di fermare è una spina nel fianco dei democratici, e Joe Biden è dovuto intervenire rivolgendosi agli studenti, ma soprattutto agli elettori. In uno sforzo di equilibrismo, Biden ha difeso il diritto alla protesta, ma ha insistito sul fatto che «l’ordine deve prevalere».«Non siamo una nazione autoritaria in cui mettiamo a tacere le persone o reprimiamo il dissenso – ha detto Biden dalla Casa bianca – In effetti, la protesta pacifica è nella migliore tradizione di come gli americani rispondono a questioni controverse. Ma non siamo nemmeno un paese senza legge. Il dissenso è essenziale per la democrazia. Ma il dissenso non deve mai portare al disordine».