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Nelle pieghe dolorose della guerra i tanti volti del dissenso

Nelle pieghe dolorose della guerra i tanti volti del dissensoDaniil Shedko Andreevich, l’adolescente russo in bici contro la guerra di Putin – Lorenzo Giroffi, Andrea Sceresini, Tatsiana Khamliuk

Il limite ignoto Le vite travolte dal conflitto. Anticipazione del reportage «Speciale Ucraina- Il Fattore Umano»

Pubblicato più di 2 anni faEdizione del 19 giugno 2022

Nei cuniculi di una cantina divenuta bunker non ci si può abituare a vivere. Eppure succede. Vecchi dvd, fornellini di fortuna e qualche branda che con l’arrivo dell’estate non è neanche più così fredda. Nel Donbass dove infuria la battaglia ci sono civili intrappolati che da mesi vivono sotto terra. Non vogliono lasciare la casa che è sopra, seppur col tetto ormai bucato. Alexander ha la casa nella periferia di Krematorsk. La fabbrica dove lavorava è chiusa. Sua moglie e sua figlia sono scappate, lui è rimasto a controllare gli animali che ha in casa, cerca cibo e beni di prima necessità col baratto. «A me non interessa chi vincerà questa guerra, io ho già perso tutto». La galassia di chi si oppone a questa guerra è composita, difficile da raccontare. La guerra di Alexander è di logoramento e solitudine, come per lui, per molti.

A LISICIANKS, GLI ANZIANI che hanno deciso di restare, con i russi ormai alle porte, non si aspettano nulla. Nei rifugi dove i botti delle esplosioni si sentono nitidamente, il frastuono della propaganda invece è silenziato. Qui nessuno crede a liberatori ed eroi. C’è solo il delirio della guerra ad essere vissuto. Nella metropolitana di Karkhiv c’è un giovane ucraino con un passato in Italia. Lui da mesi si nasconde tra case di campagna e rifugi in metropolitane. Non vuole combattere, non ha per nulla voglia di rispettare l’obbligo di arruolamento in questi mesi di guerra. «Non sono l’unico, in molti sono scappati verso ovest. Ci si organizza in chat segrete su Telegram. Dai mille ai duemila dollari costa il viaggio. Si corrompono i militari ucraini al confine e via».

IN MOLTI INVECE STANNO arrivando in Ucraina, per unirsi alla battaglia, per lotte politiche da portare avanti. I bielorussi della rivoluzione tradita a Minsk, quella repressa nel sangue da Lukashenko hanno deciso di formare il battaglione Kastus Kalinouski. Combattono al fianco degli ucraini, come Dima. «Per me l’Ucraina oggi è il terreno di scontro ideale per abbattere l’idea di Russia che vuole incidere in altri Paesi. Come fa Vladimir Putin con noi in Bielorussia non deve più accadere. Io sono stato in carcere diverse volte a Minsk, solo per aver espresso le mie posizioni anti-Lukashenko. Sono scappato prima in Lituania, attraversando i boschi, lì poi ho trovato protezione, asilo politico. Avevo trovato anche lavoro come taglialegna. Poi però ho sentito di dover fare qualcosa. Ho seguito l’addestramento e ho deciso di partire. I video di battaglia li mando a mia moglie e ai miei due figli rimasti a Vilnsu. Devono capire cos’è la guerra in difesa della libertà». Dima è ormai imbottito di propaganda anti-russa, è difficile capire quanto di lucido sia ancora vivo nella sua resistenza politica. Dice di combattere col mito del criminale di guerra Stepan Bandera e che tutto è legittimo in questa guerra contro Putin.

TRA I VOLONTARI CHE si uniscono all’esercito di Kiev ci sono anche tanti ceceni, che mal digeriscono l’asse Ramzan Kadyrov (presidentissimo ceceno) con Putin. I battaglioni dei ceceni in supporto ai russi sono famigerati per la loro efferatezza e per incursioni prive di paura. A Severodonetsk passeggiano le truppe cecene, sventolano bandiere di vittoria mentre le truppe ucraine provano a resistere ancora. Una delle figure di spicco del dissenso ceceno è Abubakar Yangulbaev. Per anni ha provato a resistere nella capitale cecena, a Groznyj. La sua opposizione non ha trovato vita facile. Abubakar è un avvocato, non ha deciso d’imbracciare le armi in Ucraina, continua il suo attivismo in una località segreta, braccato dai servizi, dalla rete d’informatori russi che lo cercano. Abubakar è stato sequestrato da Kadyrov in persona, portato nella villa del presidente, pestato a sangue e minacciato. Abubakar mette in fila i dati di tutte le morti in Ucraina tra i battaglioni ceceni, perché il governo di Kadyrov non fornisce i numeri reali delle perdite, evitando anche di risarcire le famiglie. «Io ho perso la mia serenità, la mia vita, ma a questo punto continuo».

ABUBAKAR LO SEGUIAMO in una città del nord Europa. Cambia casa ogni settimana, non ha sim, non può incontrare familiari o amici. Per la prima volta incontra dal vivo giornalisti, tutte le interviste rilasciate fino ad oggi sono sempre e solo state da remoto. Il dissidente fa degli esercizi fisici in un parco, dopo aver passeggiato per ore. Sono le uniche cose che ancora può fare liberamente in questa vita da rifugiato. «Sono arrivati al mio punto più debole. Hanno arrestato mia madre. Tramite i miei avvocati mi hanno fatto recapitare un messaggio chiaro. Se rientro in Cecenia potrebbero rilasciare mia madre. Alla fine accetterò il ricatto, ma già so che terranno comunque in carcere anche mia mamma. Il sistema di potere di Kadyrov è spietato e per anni nessuno ha mai fatto nulla a livello internazionale. Solo oggi ci s’impressiona per i Kadyrovtsy, i sanguinari battaglioni ceceni in Ucraina. Noi la subiamo da anni l’ingerenza di Putin in Cecenia».

IL DISSENSO CHE ARRIVA dalla Russia lo incrociamo poi sul volto di un diciottenne che da anni vive in Italia.
Sta tornando in Russia, nella sua San Pietroburgo in bici. Lo sta facendo con un cartello piantato sul manubrio che recita «No War». Al collo tiene stretta la bandiera bianco e celeste, effige proibita in Russia.
«Per molti come me la bandiera ufficiale russa non rappresenta più noi, persone libere, perché è una bandiera di violenza. Io mi riconosco in questi colori e voglio andare ad urlarlo a San Pietroburgo . Mi arresteranno? Fa nulla, ma io la mia pena la voglio vivere su questa bicicletta, in chilometri da percorrere per attraversare tutta Europa, pedalando, prima dei confini russi. Voglio che le persone che m’incontrano capiscano che non tutti i russi appoggiano la guerra di Putin». Daniil Shedko Andreevich non ha alcuna certezza politica, come in molti di quelli che abbiamo incontrato. Ha però ben chiaro di voler opporsi alla guerra in Ucraina.

* Il ritratto completo e approfondito di questa guerra, di chi la combatte e di chi la osteggia sarà visibile nel reportage “Guerra e dissenso”, in onda lunedì 20 giugno, alle 23.15 su Rai3, all’interno del “Il Fattore Umano”, un programma che per otto puntate, racconterà la violazione dei diritti umani nel mondo.

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