Internazionale

Nella trappola libica «crimini di guerra» contro i migranti

Nella trappola libica «crimini di guerra» contro i migrantiNel centro di detenzione di Qasr bin Ghashir prima che esplodesse il conflitto – Epa

Emergenza umanitaria Cresce l’allarme dopo il raid delle milizie filo Haftar nel centro di detenzione di Qasr bin Ghashir. E a Bengasi cresce anche la protesta contro la presenza militare italiana nel paese. Intorno a Tripoli infuriano i combattimenti

Pubblicato più di 5 anni faEdizione del 26 aprile 2019

Va rapidamente peggiorando l’emergenza umanitaria nelle zone a sud di Tripoli man mano che le forze del generale Haftar guadagnano posizioni nella loro avanzata verso la capitale. La Croce rossa internazionale denuncia l’estendersi del conflitto ad «aree densamente popolate» mentre negli ospedali della città iniziano a scarseggiare i medicinali e sono sempre più frequenti le interruzioni nella fornitura di elettricità ed acqua. È l’Organizzazione mondiale della sanità a informare che tre settimane di combattimenti hanno provocato 278 morti, 1.332 feriti e almeno 35 mila sfollati.

A DESTARE PREOCCUPAZIONI particolari è sempre la condizioni dei migranti intrappolatio nei centri di detenzione intorno a Tripoli, dopo l’irruzione dei miliziani di Haftar in quello di Qasr bin Ghashir, 20 km a sud della città, che mercoledì ha provocato almeno 2 morti (alcuni testimoni parlano di 6 vittime) e una ventina di feriti. I telefoni dei migranti – unica arma a disposizione – che gli aggressori non sono riusciti a se hanno ripreso alcune fasi concitate del raid, spezzoni di terrore circolati in rete ieri. «Un crimine di guerra che dimostra l’urgenza del rilascio di tutti i rifugiati e i migranti detenuti in questi campi dell’orrore», è tornata a ripetere la portavoce di Amnesty international Magdalena Mughrabi. In 325 ieri sono stati trasferiti «in un luogo più sicuro lontano dalle zone di conflitto», annunciato l’Ufficio Onu per gli affari umanitari (Ocha). Ne restano in trappola a Qasr bin Ghashir almeno altri 600, e molti sono bambini.

PROSEGUE ANCHE LA GUERRA di comunicati dei portavoce militari. L’esercito nazionale libico di Khalifa Haftar e i suoi alleati mantengono il proposito di prendere la città prima che inizi il Ramadan, nell’arco di pochi giorni quindi; Le forze fedeli al governo di al Serraj – il premier sostenuto dall’Onu ieri è tornato ad accusare la Francia di sostenere Haftar – assicurano invece che i progressi ottenuti nell’area di Asbiah, 45 km a sud di Tripoli, potrebbero mettere in grande difficoltà le forze nemiche, tagliando loro le linee di rifornimento.

A BENGASI E TOBRUK intanto sono in crescita i sentimenti anti italiani per la presenza dei nostri soldati a Misurata. Haftar sostiene che starebbero proteggendo oltre all’ospedale militare la base aerea da cui sono partiti i raid contro le basi del generale di Bengasi. E la gente protesta nelle strade. Lo Stato maggiore della Difesa è stato costretto a diffondere una nota in cui definisce «prive di fondamento» le voci sui militari italiani con «compiti di protezione di infrastrutture militari libiche o di supporto logistico a bande e milizie che combattono dall’una o dall’altra parte».

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