Nella sinistra spagnola una disastrosa divisione
Verso il voto La decisione di Errejón, ex numero due di Podemos, di presentare la sua lista, Más País, debutto nazionale dell’esperienza già vissuta e infelice per il municipio e la Comunità di Madrid che ha riportato le destre al governo della città e dell’area metropolitana, frammenta ulteriormente il panorama
Verso il voto La decisione di Errejón, ex numero due di Podemos, di presentare la sua lista, Más País, debutto nazionale dell’esperienza già vissuta e infelice per il municipio e la Comunità di Madrid che ha riportato le destre al governo della città e dell’area metropolitana, frammenta ulteriormente il panorama
Ora che sono state sciolte le camere e indette nuove elezioni, con le destre già schierate sul voto utile per riprendersi la Spagna, chissà se Sánchez dorme tranquillo, dopo aver rinunciato al governo progressista e aver detto che la presenza di Unidas Podemos nell’esecutivo sarebbe stata, per lui, causa di insonnia. Di nuovo urne elettorali a novembre con la solita, incolmabile divisione tra vecchia sinistra, rappresentata dai socialisti, e quella nuova di Unidas Podemos; una ulteriore frammentazione della sinistra dopo la decisione di Errejón, ex numero due di Podemos, di presentare la sua lista, Más País, debutto nazionale dell’esperienza già vissuta e infelice per il municipio e la Comunità di Madrid: ha riportato le destre al governo della città e dell’area metropolitana. Una nuova lista che spariglia la coalizione di Unidas Podemos, con gli ambientalisti di Equo e Compromís per Valencia disposti a confluire nella formazione di Errejón, per definire un programma comune.
ALEGGIAVA sopra la trattativa burla tra Psoe e Unidas Podemos: i socialisti volevano tornare a votare, convinti dai sondaggi favorevoli e stuzzicati dalla possibilità che a sinistra si definisse un interlocutore più condiscendente di Unidas Podemos.
PIÙ SI ANALIZZANO questi quattro mesi in cui è sfumato il governo progressista e più si coglie il rifiuto del Psoe, e dello stesso Sánchez, di intraprendere una strada che avrebbe comportato scelte in forte discontinuità con le politiche fino ad oggi attuate, a cominciare da quelle migratorie, per finire a quelle sociali ed economiche, passando per l’idea di un nuovo modello energetico e di sviluppo per la Spagna. Aggiungendo il prevedibile dissenso sulla reazione alla quasi certa sentenza di condanna dei dirigenti indipendentisti catalani, risulta più chiaro l’ostinato rifiuto dei socialisti di un governo di coalizione. Sánchez continua a immaginare un monocolore socialista più compatibile con chi amministra l’Europa, con quella comunità imprenditoriale, con le banche e i gruppi economici che hanno il potere reale nel paese, che comandano senza presentarsi alle elezioni, che hanno esercitato forti pressioni perché non si formasse un governo progressista. Un esecutivo socialista con mani libere, lontano dal rispettare la protezione sociale prevista per tutte e tutti, migranti inclusi, lungi da ripensare pensioni, salari minimi professionali e soluzioni contro la nuova speculazione sugli alloggi o per le persone colpite dalla povertà energetica. Un progetto di paese che non debba parlare di lavori stabili, degni e con diritti, disponibile ad accogliere solo a parole e mai nei fatti le proposte dei movimenti femministi e di quelli ecologisti contro il cambio climatico. A questo disegno sembrerebbe funzionale la presenza di un soggetto politico come quello che vuole costruire Errejón, ma per ora non si può sostenere che Más País sia stato pensato proprio per compiacere questa idea dei socialisti.
NELLE DICHIARAZIONI di lancio della formazione si precisa che i possibili eletti saranno al servizio di un governo progressista. È un messaggio ambiguo che non chiarisce se questa nuova forza, che si aggiunge alla sinistra del Psoe, nasce per aumentare la pressione su Sánchez e i socialisti, perché sviluppino reali politiche di cambiamento o se è concepita per assecondarne i cedimenti ai poteri forti, ridimensionando e confinando Unidas Podemos all’opposizione. Risolvere questa ambiguità sarebbe importante, perché il solo risultato di sconfiggere le destre non basterà per avviare un vero cambiamento in Spagna. Decisivo sarà anche riequilibrare i rapporti di forza fra Psoe e ciò che si agita alla sua sinistra, per aumentare la capacità di pressione dei soggetti politici che hanno cercato di dare rappresentanza all’indignazione del 15M. Movimenti femministi, movimenti sociali e i giovani contro il cambio climatico sono i più delusi per il mancato governo e per le divisioni a sinistra, e ora, scarsamente motivati, sembrano più attratti da una astensione. Non esiste scelta unitaria tra le formazioni a sinistra del Psoe, né aiuta il sistema elettorale spagnolo, pensato per ottenere un grado elevato di bipartitismo e per disincentivare la presenza di partiti minori.
NELL’INCERTEZZA del risultato finale dove la sommatoria dei blocchi di sinistra e di destra rischia di non essere molto diversa dal quadro attuale, una soluzione potrebbe essere quella di costruire unità anche concorrendo con più liste, con accordi di desistenza nelle circoscrizioni, per impedire un’assurda competizione fra Unidas Podemos e Más País. E per evitare il disastro di riconsegnare la Spagna a una pericolosa coalizione di destra.
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