Cristiano-sociali contro cristiano-democratici, pronti a farsi politicamente la pelle in nome della grande purga costata già la testa alla segretaria Annegret Kramp-Karrenbauer.

L’inizio vero della “guerra di successione” all’ex delfina di Angela Merkel, annegata lunedì scorso nel vortice dello scandalo del governo fascio-liberal della Turingia.

Ieri la Csu ha lanciato il primo siluro al bersaglio di Akk, bocciando senza possibilità di appello la sua «sostituzione «ordinata» da candidata-cancelliera che prevede il congresso straordinario della Cdu dopo la pausa estiva.

«Si tratta di un’opzione assurda» tuona a Berlino il capogruppo al Bundestag, Alexander Dobrindt, mentre il governatore della Baviera (presidente della Csu) Markus Söder avverte senza giri di parole: «Non è tempo di fare giochetti, come aspettare tre quarti di anno per la discussione sul nome del nuovo leader».

MESSAGGIO DIRETTO soprattutto a Mutti-Merkel, impegnata al contempo a parare i colpi del filo-nazista Bjorn Höcke, leader di “Der Flügel” (la fazione di ultra-destra di Alternative für Deutschland) che ieri ha fatto sapere di volere denunciare la cancelliera per «coercizione del primo ministro della Turingia» Thomas Kemmerlich, costretto a dimettersi 23 ore e 40 minuti dopo la nomina.

Ma il capogruppo di Afd al Parlamento di Erfurt ha smesso di festeggiare la «vittoria politica» sbandierata fino a ieri da buona parte della stampa nazionale: sul suo tavolo in mattinata è piombato il clamoroso sondaggio che ha fotografato il boom ma degli arci-nemici “comunisti”. La Linke – il partito frodato dal patto di governo stipulato dai 45 deputati di Cdu, Fdp e Afd – passa dal 31% incassato alle elezioni dello scorso ottobre a oltre quota 35%. Significa che l’ex governatore Bodo Ramelow, appoggiato dalla coalizione rosso-rosso-verde, gode della consolidata fiducia popolare richiesta proprio da Akk per evitare la ripetizione di altri casi Turingia.

Un effetto boomerang per Höcke, e il segnale inequivocabile che la resistenza fin dal primo minuto della giovane leader della Linke turingiana, Susanne Henning-Wellsow, si è trasformato in un movimento di voti oltre che di persone in carne e ossa.

Terremotando in appena tre giorni il primo partito della Grande coalizione, che da mercoledì scorso è alle prese con la resa dei conti alla fine della quale è assai probabile che si apra la svolta a destra, dato il profilo di quasi tutti gli sfidanti, solo uomini.

DALL’EX FINANZIERE e lobbista con passato da presidente del supervisory board del fondo americano BlackRock (la maggiore società di investimenti al mondo) Friedrich Merz; all’influente governatore del Nordreno-Vestfalia, Armin Laschet, giornalista, ex europarlamentare, connesso alla galassia dei liberali ma in grado di dialogare anche con l’ala “realista” dei Verdi, fino al premier di Monaco che oggi pretende di dettare la linea dei moderati ma all’apice dell’emergenza-migranti istituiva la polizia di frontiera bavarese immaginando i centri di transito per i richiedenti-asilo. Senza contare l’ultra conservatore Jehn Spahn o l’unica, autentica, possibilità di “replicare” la cancelliera: il ministro dell’Economia, Peter Altmeier (soprannome: «Bodyguard di Merkel»), da sempre il più fedele a Mutti.

«In ogni caso, prima dovrà esserci l’elezione del nuovo segretario della Cdu e poi la scelta del candidato cancelliere dell’Union alle prossime elezioni federali» riassume Markus Blume, segretario generale della Csu, sottolineando come la prima decisione spetti unicamente ai cristiano- democratici, il successore di Angela Merkel «dovrà essere condiviso con noi cristiano-sociali».