Nel Sahel l’Italia e la Ue usano il Niger per fermare e rimpatriare i migranti
Polizia di frontiera Confina con sette paesi. Beneficia di fondi strategici. Da lì, tra il 2016 e il 2022, l’Oim ha rimandato a casa circa 80mila stranieri, “volontariamente”
Polizia di frontiera Confina con sette paesi. Beneficia di fondi strategici. Da lì, tra il 2016 e il 2022, l’Oim ha rimandato a casa circa 80mila stranieri, “volontariamente”
Non solo Tunisia e Libia, o Turchia. La frontiera europea inizia molto prima, coinvolge gli stati di transito e origine dei flussi. Ne stravolge i sistemi economici, le consuetudini sociali, gli scambi tra popolazioni. È il caso del Niger, che per evidenti motivi politici e geografici rappresenta un partner strategico di Ue e Italia nel contrasto dei movimenti di persone.
Il presidente Mohamed Bazoum, deposto dal golpe del 27 luglio, era stato ospite lo scorso autunno della fondazione Leonardo Med-Or, diretta dall’ex titolare del Viminale Marco Minniti. All’evento “Italia, Niger. Europa, Africa. Due continenti. Un unico destino”, tenutosi all’università Luiss, erano presenti tre ministri: Guido Crosetto (Difesa), Matteo Piantedosi (Interno), Anna Maria Bernini (Università e ricerca). Bazoum era praticamente l’unico alleato occidentale nell’area del Sahel. E infatti alla conferenza internazionale su sviluppo e immigrazione che si è svolta due domeniche fa alla Farnesina, incontro ritenuto strategico per la politica estera di Giorgia Meloni, erano rappresentati solo due paesi di quella regione: il suo e la Mauritania.
Il giorno prima dell’avvio dei lavori il ministero degli Esteri ha lanciato «un nuovo pacchetto di iniziative per contrastare il traffico di esseri umani in Libia e Niger» attraverso il Fondo Migrazione 2023: al primo paese 8,5 milioni di euro, al secondo 7,5. Qui avevano tre obiettivi: migliorare la capacità delle autorità locali di gestire il fenomeno migratorio; formare migranti e comunità ospitanti; attuare i rimpatri volontari assistiti.
Quest’ultimo è un pilastro della politica italo-europea nel paese africano, dove dal 2016 opera l’Organizzazione internazionale per le migrazioni (Oim) che raccoglie dati sulle persone in movimento e offre assistenza umanitaria a chi accetta di tornare a casa. L’Oim definisce il Niger un «paese di partenza, transito e destinazione». Almeno 400mila nigerini vivono all’estero, quasi la metà in Libia (170mila) dove lavorano e rappresentano la comunità straniera più numerosa. Al nordafrica puntano anche i migranti in transito che provengono da cinque dei sette stati confinanti (Ciad, Nigeria, Benin, Burkina Faso e Mali) o situati più a occidente (Mauritania, Senegal, Guinea, Costa d’Avorio, Ghana). Attraversano il deserto da Agadez a Sabha. A volte, ma non sempre, sperano di fare altrettanto con il mare.
Dal 2016 al 2022 l’Oim ha realizzato circa 80mila rimpatri “volontari”, le virgolette segnalano il disaccordo tra gli esperti sull’effettività di questo aggettivo. Per molte persone, infatti, accettare il rimpatrio è anche l’unico modo per ottenere assistenza umanitaria. Magari dopo un’espulsione in frontiera, come avviene da quella algerina.
Altro pilastro della cooperazione europea è l’addestramento delle forze locali al controllo dei confini. Uno dei compiti svolti anche dai soldati italiani stanziati a Niamey per la Missione bilaterale di supporto nella Repubblica del Niger (Misin), approvata cinque anni fa dal parlamento.
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La frontiera europea divide il NigerRisale invece al 2015, sebbene abbia iniziato a funzionare nel 2016, la legge numero 36. Un punto di svolta nel paese africano perché inaugura la criminalizzazione degli attraversamenti di frontiera, colpendo sia i migranti che i facilitatori. In una missione di monitoraggio realizzata con dei partner locali dopo l’entrata in vigore della norma, gli avvocati dell’Associazione studi giuridici sull’immigrazione (Asgi) notavano come questa fosse del tutto contraria agli interessi del paese.
Perché rendeva illegali comportamenti fino ad allora perfettamente leciti, come il trasporto di cittadini della Comunità economica degli Stati dell’Africa occidentale (Cedeao) che avrebbero diritto alla libertà di circolazione, o che creavano persino benefici economici. Del resto, notavano i legali, anche rappresentanti delle istituzioni nigerine definivano quella misura “legge La Valletta”, la capitale maltese dove a novembre 2015 si erano riuniti capi di stato e di governo europei e africani.
Infine il Niger – che ospita oltre 300mila rifugiati, quasi tutti provenienti dalla vicina Nigeria – è insieme al Ruanda meta dei trasferimenti dei (pochi) richiedenti asilo registrati presso l’Unhcr in Libia che riescono a essere evacuati tramite il Meccanismo di transito di emergenza (Etm). Prima del colpo di stato in 600 attendevano di partire verso i paesi occidentali con i corridoi umanitari.
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