«Abbiamo registrato 300 morti nel Mediterraneo negli ultimi 10 giorni». È un macabro conteggio quello che tiene l’Organizzazione internazionale per le migrazioni (Oim) che in seguito ai ritrovamenti di cadaveri sulle coste di Tunisia e Libia ha dovuto aggiornare le statistiche. Le vittime accertate del mar Mediterraneo nel 2023 sono ora 906, di cui 824 lungo la rotta centrale (il 90%). E i numeri, come ripete sempre l’agenzia, sono sottostimati perché molti naufragi restano fantasma.

Solo tra il 18 e il 27 aprile la guardia costiera tunisina ha recuperato 210 persone prive di vita. A Sfax, una delle principali città di partenza del flusso diretto in Italia, l’obitorio è stracolmo. «Martedì abbiamo contato più di 200 corpi, ben oltre la capacità dell’ospedale Habib Bourguiba, il che crea anche un problema sanitario», ha detto all’Afp Faouzi Masmoudi, portavoce del tribunale di Sfax.

Ieri l’Ue ha annunciato di aver raggiungo un’intesa con il paese nordafricano per il controllo delle frontiere, il rafforzamento della cooperazione tra le autorità di polizia e il sostegno dei rimpatri di cittadini di altri paesi africani. Un secondo binario dovrebbe riguardare l’aiuto economico al paese sull’orlo del crack. Ma qui si resta nel campo delle promesse. Anche perché mentre Italia e Unione europea hanno nel presidente golpista Kais Saied un punto di riferimento, per il Fondo monetario internazionale le sue politiche autoritarie rimangono un problema.

Intanto rischia di aprirsi una nuova emergenza pochi chilometri più a est. Nella città libica di Zawyia, roccaforte del trafficante Bija recentemente riciclato come ufficiale della sedicente «guardia costiera», sono in corso scontri tra milizie e caccia ai migranti. All’origine ci sarebbe un video che ritrae alcuni subsahariani torturare dei libici, probabilmente per ordine di organizzazioni criminali locali.

Il rischio è che esploda un’ondata di violenze verso i migranti, anche se molte delle le rivendicazioni dei manifestanti pubblicate da Agenzia Nova riguardano l’espulsione dalla città delle milizie dedite al traffico di droga e carburante, oltre che spesso anche di esseri umani.

Ieri a Lampedusa sono continuati gli sbarchi: quasi 500 le persone arrivate sulla maggiore delle Pelagie. 1.400, invece, sono state trasferite attraverso navi e aerei. Nell’hotspot, comunque, la situazione rimane molto difficile.