Un paese vivace e vitale, che «leggeva, discuteva e organizzava molto» diventa «Comunità stanca… monotona, di persone che si sono abituate a possedere di meno, fare di meno, aspettarsi di meno del necessario per la propria esistenza ritenuto prima». È il declino che si era abbattuto su Marienthal, ex colonia operaia, sorta intorno a una grande fabbrica tessile.

La fabbrica il 12 febbraio 1930 chiude mettendo di colpo sul lastrico 1300 persone, un dramma che ha prodotto una intera comunità di soli disoccupati. Che sarà la meglio studiata di sempre: nell’inverno tra il ’31 e il ’32 parte da Vienna un gruppo di quindici ricercatori coordinati da Paul Lazarsfeld, Marie Jahoda, e Hans Zeisel quasi tutti attivisti socialdemocratici (Spoe) spronati dal capo del partito Otto Bauer a studiare gli effetti della disoccupazione. Realizzata vivendo accanto alla comunità colpita la ricerca Die Arbeitslosen von Marienthal uscirà per la prima volta nel 1933. In Italia I disoccupati di Marienthal edizioni Lavoro 1986. Storia esemplare purtroppo sempre attuale, è considerata una pietra miliare della sociologia empirica , un classico a tutt’oggi studiato anche nelle università italiane. A influenzare Jahoda e Lazarsfeld il clima nella Vienna Rossa, che -ormai assediata- non prometteva più l’inizio sperato di una nuova era. «Alla fine del decennio era chiaro che si andava in un altra direzione». Così «la rivoluzione perduta ci ha trasformati in psicologi sociali». In più contava l’influenza scientifica delle nuove ricerche di psicologia dello sviluppo di Charlotte Buehler.

Partiamo per Marienthal, in Bassa Austria per visitare il museo dedicato alla famosa ricerca. Sul Fiume Fischa, a 20 chilometri da Vienna, l’ex colonia operaia è frazione di Gramatneusiedel paese contadino. È ancora diviso tra parte storicamente operaia socialdemocratica (Spoe) e quella contadina che vota partito popolare (Oevp) ci spiega il sindaco Thomas Schwab. Lungo la strada del paese verso il museo ecco le cassette basse operaie che l’azienda aveva costruito per attrarre forza lavoro.

Siamo nel museo, nella palazzina dell’ex Consum, spaccio alimentare aziendale, ricostruita per lo scopo . Pannelli e foto sulla storia della fabbrica e del territorio. È iniziata con un filatoio di lino nel 1820 poi varie tappe di crescita realizzate dal proprietario Hermann Todesco. Scopriamo l’esistenza di un campo di militari italiani internati nel 1915 nel paese vicino, Mitterndorf.

La vita dunque dopo lo shock della chiusura della fabbrica: va avanti con sussidi a pagamento bisettimanale che ammontavano a un quarto dello stipendio di prima. E non erano illimitati, a un certo punto finivano. Molti avevano piccoli orti, alcuni allevamenti di conigli. Le condizioni materiali sono documentate in ogni dettaglio, liste della spesa quotidiana, quanti pasti e cosa, a colazione, pranzo e cena. I ricercatori entravano nelle case delle persone proponendo azioni di supporto, la distribuzione di vestiti, poi apertura di un consultorio medico, servizi di consulenza, corsi. La loro ricerca affrontava ogni aspetto della vita, intrecciando dati oggettivi con racconti soggettivi. Colpisce quanto emerge sull’uso del tempo.«Chi sa con quanta energia la classe operaia fin dagli inizi della sua organizzazione si sia battuto per il prolungamento del tempo libero penserebbe che pur con la miseria che rappresenta la disoccupazione il tempo libero illimitato fosse un vantaggio per le persone» osservano gli autori. Invece non era così.

I questionari da compilare per singole ora del giorno risultavano presto impraticabili per la totale inattività della popolazione maschile. Illuminante il vuoto per indicare l’attività dalle 10 alle 11 einstweilen wird es mittag (nel frattempo farà mezzogiorno, ora di pranzo) frase diventata il titolo di un film su Marienthal della regista Karin Brandauer. Sono state misurate la velocità dei passi, rallentati, per mancanza di meta. Unico che sulla strada passava veloce era il matto del paese. Diverso il tempo per le donne, con tanto meno risorse caricate di più lavoro nel gestire la casa e i bambini. Rimpiangono tutte, e non solo per motivi economici, il lavoro in fabbrica nonostante il doppio lavoro li impegnasse fino a notte tardi. «…Qui, sempre dentro quattro mura, così sola, non è vita».

Prima di diventare una ‘comunità stanca’ , a Marienthal esisteva una forte cultura operaia organizzata, con decine di associazioni, molte collaterali al partito socialdemocratico. Guardiamo le foto. La Sezione teatro, i gruppi musicali, il coro operaio, il Quartetto musicale del Republikanischer Schutzbund (il corpo armato del partito socialdemocratico), la Scuola di musica, l’associazione operaia della radio, dei ciclisti, un asilo nido Montessori, una Casa del popolo, die Wandervoegel (Gli uccelli migratori),gruppo giovanile per la riforma della vita e altri. Minori le associazioni legate ai cristiano sociali . Molto attive erano le organizzazioni politiche. Con la disoccupazione cala in ogni ambito la partecipazione. «Prima avevo meno tempo ma facevo più cose per me». Sintomatico dell’apatia il dato della biblioteca operaia.

Il numero dei prestiti dal 1929 al 1931 è sceso del 48,7%, ridotti i lettori e il numero dei libri presi da quelli rimasti. Lo stesso fenomeno riguarda la Arbeiterzeitung, (quotidiano dei lavoratori) del partito socialdemocratico.«Prima conoscevo la Arbeiterzeitung a memoria, ora la guardo solo un po’ e poi la butto via, nonostante abbia molto più tempo di prima». Calo degli abbonamenti del 60%, mentre un altro quotidiano, sempre socialista ma più di intrattenimento, nonostante costi più del doppio è sceso solo del 27%. Un abbassamento del livello politico e culturale,osservano gli autori, pur conservando lo stesso orientamento, socialdemocratico all’80%, nelle elezioni tra il 1929 e il 1932, votanti il 92%. Prima si aderiva a un’associazione per contenuto ideale e culturale, ora solo per interesse e vantaggio, come all’associazione ciclisti che offre vantaggi di assicurazione. «L’idea politica non è cambiata, ma perde di forza concreta, è come se i valori culturali insiti nella lotta politica si fossero fossilizzati, regrediti a forme politiche più primitive». Una valutazione del 1933 che sembra descrivere la condizione attuale della politica.

La comune condizione da disoccupati era vissuto con atteggiamenti diversi. Prevalenti sono i rassegnati, tirano avanti senza aspettative e senza futuro, neppure più immaginato. In piedi rimane la cura personale, per primo dei bambini e della casa. Ma c’è un piccolo gruppo di ungebrochene i non spezzati che mantengono qualche aspirazione di potersi risollevare. Poi ci sono i disperati, dice nel protocollo di una visita a casa il signor K. «rimango a letto metà giornata così risparmio colazione e riscaldamento», mentre la moglie piange ininterrottamente. La casa tuttavia è tenuta in perfetto ordine, i bambini ben curati. Ancora più giù tra i disperati si arriva a un gruppo piccolo di gebrochene, gli spezzati. Che si lascia andare totalmente, la casa sporca e disordinata, i bambini non curati, il sussidio non gestito, speso in pochi giorni. Potrebbe essere si chiedono gli autori nelle conclusioni che si tratti di fasi che percorrono in realtà tutti destinati alla fine di trovarsi tra i disperati spezzati.