Le tende da campeggio sono comparse ieri mattina nel cortile del dipartimento di Studi umanistici della Federico II di Napoli. Le ha montate il Collettivo autorganizzato universitario. Sui teli i cartelli affittasi: «Spaziosissimo monolocale seminterrato 4 mq, 600 euro» o «posto letto in doppia, locale seminterrato, utenze escluse, 300 euro». Sono esempi di quanto offre oggi il mercato in una città dove il turismo sta espellendo dal centro storico studenti e famiglie.

La redazione consiglia:
Napoli, no alla turistificazione: la rete dal basso per restare abitanti della propria cittàNicola è originario di Baia e Latina nel casertano, studia Giurisprudenza: «Abbiamo iniziato a protestare già a settembre, quando ci siamo accorti che la situazione era insostenibile. Fino al 2018, 2019 trovavamo stanze a 250 euro, oggi chiedono 450. Poi bisogna aggiungere la caparra, le bollette e i costi universitari. Uno studente mi ha fatto vedere il suo contratto: se sorge un problema deve pagare anche gli interventi strutturali. E poi gli atenei cittadini non sono attrezzati, Napoli è ultima per servizi agli studenti». Le case sono spesso in cattivo stato: «Sono buchi – prosegue – a volte senza finestre, i muri pieni di muffa, invivibili».

A Porta di Massa in mattinata è arrivato anche il rettore Matteo Lorito: «I ragazzi hanno assolutamente ragione non solo a Napoli ma soprattutto a Napoli che, nel contesto nazionale, è forse la città con il rapporto peggiore tra numero di studenti e numero di posti in alloggi a prezzo controllato. Alla Federico II non abbiamo ora alloggi ma abbiamo pronti cinque progetti, stiamo aspettando da 14 mesi i risultati della valutazione del Mur secondo la legge 338. Abbiamo avuto la promessa che quelli non finanziati saranno realizzati comunque dalla regione». Si tratta di 5 gli studentati per un totale di circa 900 posti a fronte, però, di una carenza di alloggi universitari che due anni fa era quantificata in 6.682 posti. Agli studenti le parole del rettore non sono bastate.

Marta Di Giacomo studia Scienze storiche: «È assurdo che nessuno si sia posto il problema per decenni. E non va meglio quando gli studentati ci sono. A via Brin c’è quello dell’Orientale: all’interno ci sono gli insetti, gli spazi sono in condizioni di degrado in una zona periferica servita male dai mezzi pubblici. Gli orari sono restrittivi. Ma i disagi sono tanti. Chi ha la borsa di studio è costretto ad anticipare i soldi per mesi. Ci sono studenti che per pochi euro non riescono a entrare nelle graduatorie e sono schiacciati dalle spese. Tanti non si iscrivono perché non riescono a sostenere i costi, altri vanno fuori corso perché costretti a lavorare con stipendi da fame. Le aule studio sono poche e chiudono alle 17. Mesi fa è caduto il soffitto di un’aula all’Orientale, a Monte Sant’Angelo piove nell’università. Ti offrono 10 mq nei seminterrati oppure case con 6 stanze e un solo bagno. Persino un posto sul divano di un salotto con altri fuori sede. Chiediamo il tetto agli affitti e l’esproprio degli edifici in disuso, come in Catalogna».

Gli atenei napoletani, anche quando offrono corsi qualificanti, finiscono in coda alle classifiche perché privi di servizi. Niente studentati, le mense sono state chiuse, i trasporti pubblici pessimi, le biblioteche chiudono presto. Una volta la vita era economica, il turismo ha fatto schizzare i costi. Spiega Gianluca: «Le università ormai fanno solo convenzioni con alberghi, ristoranti e trattorie». Carlo studia Lingue: «Di solito si trovano lavori a 5 euro all’ora per 8-12 ore. Diventa difficile persino avere un giorno libero per dare l’esame. Se salti una sessione ti fanno sentire un fallito, ti chiedono di fare in fretta ma non di approfondire. Vogliamo un tetto, il salario minimo e avere il tempo di coltivare la vita accademica».