San Pietro a Patierno è incastrato tra Secondigliano e Poggioreale, l’aeroporto di Capodichino attraversa il quartiere in mezzo ai palazzoni dell’edilizia popolare post terremoto del 1980. Il comune di Napoli lo scorso ottobre ha aperto una piattaforma per individuare la dispersione scolastica, la municipalità più colpita era la settima con i rioni Miano, Secondigliano e San Pietro a Patierno. La fondazione Cesvi, dopo Bari, è qui che ha aperto una delle sue Case del sorriso dedicate ai minori in situazione di vulnerabilità per prevenire e contrastare povertà educativa e trascuratezza.

«SONO DIVERSI ANNI che lavoriamo nella zona di Capodichino, sappiamo che la condizione dell’infanzia è critica – spiega Roberto Vignola, vicedirettore generale di Cesvi -. La fondazione elabora un indice incrociando i fattori di rischio del territorio e i servizi presenti per famiglie e bambini: la Campania è il fanalino di coda nell’indice sul maltrattamento, ventesima in Italia, cioè è la regione in cui essere bambini è più rischioso». A Napoli, secondo il Comune, il 39% dei 5.267 bambini e ragazzi assistiti dai servizi sociali ha subito maltrattamenti, spesso in famiglia. A San Pietro a Patierno si sommano la disoccupazione, le gravidanze precoci al 14,9%, l’alto tasso di dispersione scolastica.

«IL NOSTRO OBIETTIVO è rafforzare i servizi per l’infanzia e per le famiglie» continua Vignola. Quali posso essere i risultati lo dimostra la storia di una delle bambine del quartiere: «Quando arrivò da noi le chiesi cosa volesse fare da grande, “nun o’ sacc”, “non lo so” mi rispose strafottente. Dopo tre anni ho ripetuto la domanda e ho trovato una bambina estremamente motivata, con un’ambizione rifiorita, voleva fare l’educatrice. In una realtà come questa, dove si tramanda una condizione di precarietà di padre in figlio, è fondamentale riuscire a stimolare il desiderio di crescere, di migliorare la propria condizione».

È SUCCESSO che, durante le attività, gli operatori si sono accorti del malessere della bambina: «In maniera light abbiamo contattato la famiglia: è emersa un’incapacità della mamma, molto giovane, di seguire la bimba sia dal punto di vista dell’educazione che dell’igiene personale e affettività. Una trascuratezza emotiva che influiva molto negativamente sull’autostima della bambina». Dai colloqui di operatori e psicologi con la mamma è venuta fuori una situazione familiare complessa: «Un marito autoritario, assente, con episodi di violenza verbale e fisica nei confronti della moglie ma anche del resto della famiglia. Non era una situazione estrema, di criminalità, ma comportamenti ripetuti che schiacciavano moglie e figlia. Attraverso la mamma siamo riusciti a interagire con il papà, piano piano c’è stato il coinvolgimento totale della donna e una nuova consapevolezza dell’uomo sul tema della violenza. Spesso un genitore maltrattante è stato un bambino maltrattato, non sempre sono consapevoli dell’incuria».

UN TERRITORIO ad alta povertà socioeconomica e l’assenza di servizi pubblici sono il macigno che pesa su cittadini senza diritti. Al Nord il tasso di occupazione tra i 25 e i 49 anni per le donne con figli piccoli è al 66% al Sud è al 38%. Meno del 25% degli alunni meridionali della scuola primaria frequenta scuole dotate di mensa; meno del 32% dei bambini nel caso delle scuole dell’infanzia. Le situazioni più deficitarie in Sicilia e Campania, con percentuali inferiori al 15%. Nel 2020 al Sud risultano investimenti pubblici per studente pari a 185 euro contro i 300 del Centro-Nord. Nel 2021 quasi 3 milioni di campani era a rischio povertà ed esclusione cioè il 50,2% della popolazione regionale, la percentuale più alta d’Italia; la media nel Mezzogiorno era del 41,1%, nel Centro Nord del 17,4%.

«SAN PIETRO A PATIERNO è un quartiere grigio, buio, senza servizi sociali e senza spazi per i minori – spiega ancora Vignola -. La grande difficoltà economica favorisce la possibilità di cadere in una rete deviante. I bambini in questi contesti sono schiacciati sulla realtà contingente, sul tirare a campare. Nella categoria del maltrattamento infantile vengono comprese tutte le forme di trascuratezza fisica ed emotiva, tutto quello che risulti potenzialmente dannoso per lo sviluppo dignitoso dei bambini: dall’abuso sessuale fino al non cambiare la biancheria ai propri figli. Il bambino non curato subisce la prevaricazione dei compagni, minando la sua capacità di progredire e svilupparsi. A Napoli lo scopo è intervenire quando ancora c’è una possibilità di recuperare ma è importante il coinvolgimento delle famiglie. Con la Casa del sorriso si cerca di dare una prospettiva: doposcuola, recupero anni scolastici, attività sportive, laboratori artistici o ludicoricreativi, teatro e musica sono il veicolo per dare una prospettiva diversa».

IL CESVI ha ristrutturato un campetto sportivo, sotto una strada provinciale: «Era in totale degrado ora si può utilizzare per calcio, basket, volley ed è a disposizione di tutta la comunità, la sera arrivano gli adulti per i loro tornei. C’è attenzione e rispetto da parte di tutti. Gli spazi che offriamo sono belli e curati, un elemento fondamentale per l’educazione dei minori. Ci sono bambini che vedono il mare solo quando partecipano ai nostri campi estivi».

I GENITORI spesso si fanno coinvolgere: «Con i papà ci impegniamo su percorsi di mascolinità diversa dal macho che lavora tutto il giorno, non si emoziona, non si prende cura dei figli. Offriamo un modello alternativo e una ridefinizione del proprio ruolo sociale, un uomo accudente. Abbiamo anche tanti padri abbandonati dalle mogli che seguono con i figli i nostri percorsi. Uno di loro ha tre figlie, la moglie ha un grave disagio psicologico, ha lasciato casa, attualmente è homeless. Condividere le esperienze con altri genitori aiuta a non estremizzare i disagi, anche quando sono importanti. Un mosaico che crea e rafforza il senso di comunità. Persino in una città come Napoli si rischia di perderlo».

TUTTO QUESTO può bastare? «Certamente serve un intervento strutturale che cambi le condizioni socioeconomiche – conclude Vignola -. I servizi sociali ci sono ma intervengono a spegnere l’incendio non a prevenirlo, il pregio di una fondazione o una onlus è la flessibilità nell’allocazione dei fondi. Esiste una lacuna importante dei servizi ma è proporzionale ai fattori di rischio di un territorio: i fattori che ci sono a Napoli non sono paragonabili a quelli di altre realtà. A Bari, ad esempio, i fattori di rischio sono simili ma è un passo avanti in termini di strutture e servizi. Per generare cambiamento devi lavorare con tutte le realtà del territorio».