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Nakagin Capsule Tower, crescita e dissoluzione urbana

Nakagin Capsule Tower, crescita e dissoluzione urbanaNakagin Capsule Tower

Maboroshi Il cinque ottobre dell'anno scorso il palazzo è stato abbattuto, ora le unità abitative vengono diffuse tra i musei

Pubblicato più di un anno faEdizione del 1 luglio 2023

La Nakagin Capsule Tower di Tokyo è stata una delle opere architettoniche più conosciute scaturite dalle idee maturate dal movimento del Metabolismo, sviluppatosi in Giappone durante gli anni sessanta e settanta del secolo scorso. Completato nel 1972 e progettato da Kisho Kurokawa, architetto, urbanista e marito, tra l’altro, della grande attrice giapponese Ayako Wakao, il palazzo si estendeva su tredici piani e presentava due torri centrali con centoquaranta piccole unità abitative prefabbricate, le capsule appunto.
Il cinque ottobre dell’anno scorso, per motivi di sicurezza legati ai forti sismi che colpiscono spesso l’arcipelago e la metropoli, ma anche alla difficile manutenzione dell’edificio – il progetto originale prevedeva infatti la sostituzione e il rinnovo delle capsule ogni venticinque anni ma non fu mai attuato a causa della complessità del processo – il palazzo e di conseguenza la maggior parte delle capsule, è stato abbattuto. È sparito quindi uno dei simboli più riconoscibili del paesaggio urbano di Ginza, il quartiere della capitale giapponese dove l’edificio sorgeva.

Il Nakagin Capsule Tower Building Preservation and Restoration Project ha però lanciato, all’inizio di quest’anno, un’iniziativa volta a riutilizzare tali unità abitative in altri contesti e per altri fini. Ventitré delle centoquaranta capsule originali sono infatti state salvate e verranno sparse in varie parti del Giappone e del globo, quasi a confermare quella che era la filosofia del Metabolismo. Il movimento, composto oltre che da Kurokawa anche da Kiyonori Kikutake e Fumihiko Maki, formatosi per la World Design Conference tenutasi a Tokyo nel 1960, considerava infatti l’architettura e la pianificazione urbana come un organismo biologico in continua modificazione, crescita, movimento e conseguente dissoluzione, con al centro l’unità costitutiva e nomade della capsula-cellula.

Una di queste unità prefabbricate, di solito formate da una singola finestra circolare, un bagno, un letto, una scrivania pieghevole e un televisore, è stata acquistata dal San Francisco Museum of Art (SFMoma) che la inserirà in una delle sue collezioni di architettura, design e fotografia dedicate al Giappone. Si tratta della capsula A1302, originariamente di proprietà dello stesso Kurokawa e spesso usata in film e documentari, anche a causa della sua posizione ai piani alti del palazzo.

Tutte le ventitré capsule sono già state restaurate sotto la supervisione dello studio Kisho Kurokawa Architects and Associates e a partire dalla primavera scorsa sono state consegnate al museo di San Francisco e a altre parti interessate all’uso di queste reliquie del passato recente, come gallerie d’arte, strutture commerciali o complessi abitativi.
Per ora, oltre al museo negli Stati uniti, è stata resa nota la volontà da parte della Shochiku di usare due di queste unità prefabbricate all’interno di un palazzo di prossima costruzione bella capitale, il Shutl, dove ognuna di queste capsule sarà utilizzata per l’esposizione e la vendita di opere d’arte e di artigianato, nonché come piccoli spazi espositivi. La Yodogawa Steel Works, ha inoltre riciclato una di queste unità trasformandola in un rimorchio mobile che userà come simbolo della compagnia e che quindi richiama quella che è l’origine della concezione metabolista del vivere e abitare la città, in flusso e in movimento. Per finire, una di queste capsule è stata trasportata e fissata in un piccolo parco nella prefettura di Saitama, dove si trova il Momas, un museo d’arte moderna progettato proprio da Kurokawa nel 1982.

matteo.boscarol@gmail.com

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