Myanmar, attacchi aerei dell’esercito in Rakhine e Chin
Myanmar L’esercito del Myanmar torna a essere protagonista della cronaca di una guerra che interessa soprattutto i due Stati nordoccidentali Rakhine e Chin su cui, secondo quanto sostiene Amnesty International, ci […]
Myanmar L’esercito del Myanmar torna a essere protagonista della cronaca di una guerra che interessa soprattutto i due Stati nordoccidentali Rakhine e Chin su cui, secondo quanto sostiene Amnesty International, ci […]
L’esercito del Myanmar torna a essere protagonista della cronaca di una guerra che interessa soprattutto i due Stati nordoccidentali Rakhine e Chin su cui, secondo quanto sostiene Amnesty International, ci sono prove che dimostrano come attacchi aerei indiscriminati da parte dell’esercito abbiano ucciso civili. La denuncia di ieri segue la decisione di Londra di imporre sanzioni al capo e al vice capo di Tatmadaw (come l’esercito birmano è conosciuto) mentre la Ue sta ancora valutando se punire Yangon sul piano economico.
E se Usa e Ue, Italia compresa, hanno appena cancellato il debito birmano per sostenere il Paese a causa del Covid (pochi casi ma collasso di lavoro e turismo), Tatmadaw si segnala ancora un volta come la spina nel fianco del governo civile del Paese che a novembre si appresta a votare. Ma in Rakhine e nel vicino Chin non c’è molto tempo per dedicarsi alla democrazia. Il Rakhine è noto per l’espulsione dei Rohingya del 2017 ma adesso la battaglia infuria con l’Arakan Army, un esercito buddista secessionista con cui ci si scontra anche nel vicino Chin. I bombardamenti dei mesi scorsi, attacchi e incendi ai villaggi, la fuga di migliaia di sfollati avvengono soprattutto nell’area di Paletwa nel Chin e sulla frontiera tra Chin e Rakhine dove da oltre un anno Internet non è agibile.
«Mentre le autorità del Myanmar esortavano le persone a rimanere a casa per il Covid-19, in Rakhine e Chin i militari stavano bruciando case e uccidendo civili in attacchi indiscriminati che equivalgono a crimini di guerra», dice Nicholas Bequelin, direttore regionale del Pacifico di AI. E «nonostante le crescenti pressioni internazionali, anche alla Corte internazionale di giustizia, le scioccanti testimonianze raccolte mostrano quanto sia ancora profonda l’impunità nei ranghi militari del Myanmar».
L’organizzazione ha condotto interviste a distanza sulle operazioni militari, attacchi aerei e bombardamenti e ha analizzato filmati di violazioni e nuove immagini satellitari di villaggi bruciati. Il conflitto si è intensificato dal 4 gennaio 2019 quando l’AA ha colpito diversi posti di polizia nel Rakhine con conseguenti reazioni di Tatmadaw. Secondo quanto risulta a il manifesto, tra marzo e aprile 2020 i morti tra Rakhine e Chin erano una cinquantina mentre a maggio il segretario generale dell’Onu stimava ad almeno 160mila gli sfollati dovuti ai combattimenti con AA cui si sono aggiunte, dice ora Amnesty, altre 10mila persone nei giorni scorsi. La guerra continua.
Non è passato tutto inosservato: lunedì scorso Londra ha imposto sanzioni al comandante dell’esercito Min Aung Hlaing e al suo vice Soe Win per il loro coinvolgimento nella «violenza sistematica e brutale contro i Rohingya e altre minoranze», accuse respinte da Tatmadaw ma che si basano su un ennesimo rapporto di una missione Onu reso noto nel 2019. Londra però si smarca dalla Ue: mentre l’Unione valuta di sospendere la clausola commerciale di nazione favorita, il Regno Unito vuole colpire i responsabili ma non, dicono al Foreign Office, l’economia del Paese.
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