Msf: «Se ci negano i porti dovremo interrompere l’aiuto al Viminale»
Intervista a Tommaso Fabbri di Msf Fabbri (Msf): A noi interessa salvare vite umane, tutto il resto, inchieste e speculazioni politiche, viene dopo. Se si vuole solo militarizzare il mare per sigillare i flussi, non ci stiamo
Intervista a Tommaso Fabbri di Msf Fabbri (Msf): A noi interessa salvare vite umane, tutto il resto, inchieste e speculazioni politiche, viene dopo. Se si vuole solo militarizzare il mare per sigillare i flussi, non ci stiamo
Dove genericamente si dice «porti», Tommaso Fabbri parla di place of safety, che per quanto più poetico è il termine tecnico usato nel diritto internazionale per indicare un luogo – sia una casa di amici, un ospedale o l’anticamera di una ambasciata o altro – dove concluse le operazioni di salvataggio il profugo possa considerarsi protetto, al sicuro. Dove dal 2006 le convenzioni marittime indicano che il naufrago deve essere condotto «al più presto».Tommaso Fabbri lo chiama in sigla – Pos – che però è meno poetico. È il portavoce dei progetti sul Mediterraneo centrale e supervisiona le missioni search and rescue (Sar), ricerca e soccorso, a bordo delle due navi di Msf – la Vos Pridence e la Aquarius – e quindi quella sigla Pos, la usa normalmente.
Lo sa che Minniti ora minaccia, se non firmate il codice di condotta, di negarvi l’accesso al place of safety?
Davvero? Negli ultimi contatti con il Viminale questa implicazione, che era contenuta nella prima versione del codice, era stata esclusa, rimossa completamente. Se così fosse sarebbe grave perché ritardare uno sbarco ha conseguenze enormi per quanto riguarda la vulnerabilità dei soggetti salvati. è vero che in caso di persone a rischio morte c’è sempre la procedura medevac – medical evacuation ndr – ma comunque spesso i naufraghi hanno comunque bisogno di soccorsi medici che non riusciamo a fornire a bordo, anche se le nostre sono le navi più grandi ed equipaggiate per i soccorsi in zona Sar. E poi con a bordo anche mille persone non è semplice garantire cibo e acqua per più di due o tre giorni. Impiegare più tempo sguarnirebbe inoltre l’assetto di soccorsno – la nave ndr – dalla zona Sar con rischi evidenti di perdita di vite umane.
E se venisse confermato?
Dovremmo tornare a confrontarci con il ministero sulla nostra collaborazione.
Per firmare il codice? Minniti dice che c’è ancora tempo.
Non parlo del codice ma di tutti i tipo di collaborazione che abbiamo con il ministero, ad esempio nel sistema dell’accoglienza e altri progetti. Siamo sempre disponibili a coordinarci con le autorità per tutte le attività di supporto anche se non sempre siamo d’accordo, c’è sempre un rapporto costruttivo purché sia nell’interesse dei beneficiati.
E allora perché non firmare il codice di condotta?
Per la verità un anno fa siamo stati noi di Msf a fare la proposta di un memorandum of understanding alla Guardia costiera italiana sulle operazioni di soccorso a mare perché la situazione in acque internazionali (noi non andiamo mai oltre) davanti a un paese come la Libia, con tutta la complessità geopolitica che non sto a dire, può sempre comportare delle incognite. Per noi esisistono due priorità: la prima è salvare viete umane, tutto il resto viene dopo. E la seconda è che i diritti umani vanno rispettati. E per questo non abbiamo firmato.
Le due questioni pratiche su cui non avete trovato accordo non erano il divieto di trasbordi da una nave e l’altra e la presenza di poliziotti armati a bordo?
Non abbiamo firmato perché si prevedeva un obbligo degli assetti Sar di rientrare senza fare trasbordi e questo va contro una ottimizzazione degli assetti.
Si può spiegare in modo più semplice?
Se ho due barche grandi, che contengono fino a mille naufraghi e sono entrambe mezze piene, ne libero una, trasbordando i passeggeri sull’altra e così quella vuota può correre a sorrerne altri. Se metti in discussione questa procedura sguarnisci pericolosamente la zona dei soccorsi e quindi metti in conto di non salvare vite umane mentre avresti potuto farlo. Noi lo facciamo sempre.
E i poliziotti a bordo perché no?
La nostra trasparenza è completa ma con le armi a bordo oltre a un problema di sicurezza ci sarebbe un grosso problema sulla nostra neutralità. E non solo lì. Operiamo su fronti di guerra molto più caldi, dallo Yemen all’Afghanistan e curiamo tutti. Sarebbe gravido di conseguenze fare una eccezione per l’Italia alla nostra pratica di non accettare l’ingresso di armi.
L’Europa appoggia il codice di Minniti.
L’Europa si assumesse le sue responsabilità nel Mediterraneo. Creasse vie legali e sicure per i rifugiati. Spendono soldi solo per militarizzare e esternalizzare le frontiere. A soccorere i poveracci restiamo sempre solo noi e il personale della Guardia costiera italiana. Loro sono meravigliosi.
E la Guardia costiera libica, che idea se ne è fatta?
Ciò che c’è stato chiaro fin dall’inizio è quanto sia poco chiara la linea di confine tra guardiacoste, milizie armate, smugglers (trafficanti ndr). Oltre alle influenze politici mutevoli in Libia ci sono i legami clanici, tribali, per cui si mischia tutto. Per questo noi seguiamo solo le indicazioni della Guardia costiera italiana.
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