Proprio nei giorni in cui la Tunisia formalizza la creazione di una sua zona di ricerca e soccorso (Sar) nella quale dovrebbe intervenire in aiuto delle imbarcazioni dei migranti in difficoltà, il Consiglio di Stato sospende il trasferimento di sei motovedette a Tunisi accogliendo l’istanza cautelare presentata da una serie di ong che contestano la continua violazione dei diritti umani messa in atto nel paese nordafricano nei confronti di quanti cercano di attraversare il Mediterraneo. La decisione finale verrà presa l’11 luglio prossimo, giorno in cui è stata fissata la camera di consiglio, ma per il momento le imbarcazioni restano all’ancora in Italia. Nel frattempo un rapporto messo a punto dalla ong Alarm Phone insieme alla società civile tunisina e intitolato «Mare interrotto», mette nero su bianco le violenze compiute proprio dalla Guardia costiera tunisina nei confronti dei migranti.

A fine maggio il Tribunale amministrativo aveva reputato legittimo l’accordo per l’invio di sei motovedette a Tunisi – con un impegno finanziario di 4,8 milioni di euro per la rimessa in efficienza e il trasferimento – e per questo aveva respinto il ricorso presentato dall’Associazione studi giuridici sull’immigrazione (Asgi), Arci, ActionAid, Mediterranea Saving Human, Spazi circolari e Le Carbet. Per i giudici amministrativi la fornitura di imbarcazioni era in linea con le decisioni prese a livello comunitario – come ad esempio il Memorandum siglato il 16 luglio 2023 tra Ue e Tunisia – e da ultimo con la conferma della Tunisia quale paese di origine sicuro e ritenendo che i governo italiano avesse condotto una completa istruttoria a fronte di una cooperazione di lungo periodo con la Tunisia. Un giudizio ribaltato dal Consiglio di Stato – a cui le ong avevano presentato ricorso – che ha ritenuto «prevalenti le esigenze di tutela rappresentate dalla parte appellante» e sospeso, almeno per ora, l’invio delle navi.

La decisione di palazzo Spada mette in crisi un tassello importante della politica messa in atto dal governo per provare a fermare i migranti, e ha suscitato le critiche di alcuni esponenti del centrodestra. Soddisfatti, viceversa, i commenti delle ong. «Come sostenuto dalle Nazioni unite, fornire motovedette alle autorità tunisine vuol dire aumentare il rischio che le persone migranti siano sottoposte a deportazioni illegali» hanno spiegato tre dei legali che seguono il caso. Mentre per Lorenzo Figoni di ActionAid «le deportazioni d massa, gli arresti arbitrari e le violenze ai danni elle persone migranti dimostrano che la Tunisia non può essere considerato un luogo sicuro di sbarco».

Un’ulteriore prova di cosa accade dell’altra parte del Mediterraneo la forniscono le testimonianze raccolte da Alarm Phone nel dossier «Mare interrotto», in cui si denuncia come l’Unione europea abbia appaltato la gestione dei flussi di migranti alle autorità tunisine in cambio di aiuti di varia natura. «Erano le 5 del mattino del 10 luglio 2021», è il racconto di Alì, bloccato insieme ad altri migranti mentre tentava di raggiungere l’Europa con un barcone. «La guardia costiera tunisina si è avvicinata alla nostra barca e ci ha chiesto di fermarci. Abbiamo deciso di obbedire, ma ha fatto una inversione e ha colpito deliberatamente la nostra barca che si è capovolta. Alcuni di noi avevano i giubbotti di salvataggio, ma non tutti. Solo 31 i sopravvissuti, 29 i dispersi. Tutti i bambini sono morti».
Ancora più drammatico, se possibile, il racconto di Maria, originaria del Camerun. «Mio figlio aveva un anno e tre mesi quando ho deciso di tentare la traversata. Eravamo su una piccola barca, avevo il bambino sulla schiena per la traversata, ero stanca. Abbiamo visto arrivare la Guardia nazionale che ci ha detto che saremmo morti qui. Hanno spinto la nostra barca e l’acqua ha cominciato a entrare, la gente ha iniziato a urlare. La nave della Marina si è allontanata e la nostra barca si è capovolta. C’erano mamme con bambini, donne incinte. Il mio bambino è morto. I 9 bambini che erano sulla barca sono morti tutti. Ho chiesto il suo corpo, ma la guardia costiera si è rifiutata e ora non so dove sia seppellito».