«Solo un anno fa, quando sopra i cieli della Corea del Sud volavano i missili di Kim, non potevamo neppure immaginare una tale svolta in Asia» ha confessato alla Izvestija un funzionario del ministero degli esteri russo nei giorni del summit di Singapore. E davvero uno dei pensieri fissi di Putin e Lavrov, fino a qualche tempo fa, era quello di riuscire a far abbassare la febbre tra Corea del Nord e Usa.

Interminabili viaggi su fusi orari diversi tra Giappone, Coree Cina e Palazzo di Vetro per tessere la tela del dialogo. «Noi ci abbiamo sempre creduto e non abbiamo avuto mai un piano B» sostiene ancora il funzionario russo. Putin del resto, anche nei momenti più difficili ha sempre sostenuto che a Pyongyang erano «tutto meno che pazzi. E piuttosto di cedere faranno mangiare erba al proprio popolo».

La Russia ha intensamente voluto il dialogo perché la pace è l’unico orizzonte il cui può avere un ruolo significativo nella regione. Benché alcuni mass-media occidentali continuino a dipingerla come una super-potenza mondiale, la Russia resta una potenza regionale con limitate capacità di penetrazione finanziaria.

«Nel modello del sistema-mondo di Immanuel Wallerstein la Russia è una potenza semi-periferica e una semi-colonia seppur di tipo speciale» sostiene il sociologo moscovita Boris Kagarlitsky. Un’affermazione che depurata del suo carattere neo-marxista è condivisa anche da Putin, il quale ritiene che il crollo dell’Urss nel 1991 sia stato in parte determinato dall’aver voluto giocare in epoca brezneviana un ruolo mondiale. Questo non significa che il finale della storia sia già stato scritto. Secondo Alexej Arbatov specialista in politica internazionale dell’Accademia delle scienze russa «con Trump tutto è possibile. Ma se prenderà sul serio la questione coreana, sarà un lavoro che durerà molti anni».

L’imprevedibilità dell’inquilino della Casa Bianca è un fattore che al Cremlino valutano con attenzione: a tal fine gli analisti russi hanno studiato l’incontro di Singapore per cogliere se Trump uscisse dal format dal protocollo. Per il resto, con le basi militari americane ben piantate sul territorio sudcoreano, nessuno a Mosca si era mai sognato che si potessero fare dei passi avanti nel dialogo tra le due Coree senza un ruolo di pivot degli Usa.

La Russia, pur sempre pronta a aiutare l’alleato storico nordcoreano, ora vorrebbe però concentrarsi sulle potenzialità economiche che il disgelo nella penisola apre. La Russia è già partner economico di Seul. Lo scorso settembre al Forum Economico Orientale Moon Jae-in ha presentato il programma economico «Nove ponti per lo sviluppo» che prevede per i prossimi tre anni investimenti comuni con la Russia per 2 miliardi di dollari. E i due paesi si sono ripromessi di raggiungere un interscambio di 30 miliardi di dollari entro il 2020. La Corea del Sud avendo un’economia orientata verso le esportazioni ovviamente guarda al mercato russo con grandissima attenzione. Nel 2017 le leader coreane del settore auto hanno venduto auto e accessori sul mercato della Federazione per 1,7 miliardi di dollari.

Le joint-venture tra i due paesi più interessanti e promettenti restano quelle legate allo sviluppo di rotte marittime e alla creazione di infrastrutture portuali, che nel far east russo sono poco sviluppate. In primo luogo la «Via al Mare del Nord» che ridurrebbe a distanza tra Vladivostok e San Pietroburgo del 40% e quindi anche i costi del trasporto delle merci sudcoreane in Europa. Al tal fine la Russia è in grado di fornire rompigiacchio atomici e centrali elettriche e la Corea, leader della cantieristica mondiale, le navi.

Gli occhi sono puntati però soprattutto sulle prospettive. In caso di denuclearizzazione della regione o addirittura unificazione delle due Coree, le potenzialità di penetrazione russa si moltiplicherebbero.
Due grandi progetti sono in via di elaborazione. Il primo è la «pipeline della pace», la costruzione di un gasdotto in Corea del Sud che attraversi il territorio della Corea del Nord, di cui si è già iniziato a parlare nel 2017.

Questo sarebbe il modo più economico per esportare il gas verso la Corea del Sud, che ora acquista quote di gas a prezzi altissimi. Il gasdotto, parallelamente, consentirebbe di risolvere il problema dell’alimentazione elettrica della Repubblica popolare. Il secondo progetto è ancora più importante. L’idea è quella di collegare la Transiberiana a una ferrovia inter-coreana, creando così una via più rapida per il trasporto merci in Europa.
Solo per fare un esempio per il trasporto con container dalla Corea del Sud alla Finlandia ci vorrebbero solo 14-16 giorni invece dei 40-45 giorni di oggi.

Al contempo ciò renderebbe più facile il collegamento con le filiali russe di aziende coreane già da tempo operanti in Russia. Come nel caso del distretto industriale di Kaluga (provincia in cui i salari sono il 25% più bassi che a Mosca) dove si producono elettronica della Samsung, sigarette della KT&G, prodotti dolciari della Lotte Group. Le autorità della regione di Mosca già sognano l’arrivo di altre aziende coreane, a cui verrebbe dedicata addirittura una zona economica speciale. Vicino a Mosca opera già adesso il più grande impianto in Europa della LG Electronics. I coreani hanno iniettato 350 milioni di dollari in questo stabilimento e promettono nuovi investimenti nel futuro.