La nave si chiama Zhibek Zho, è russa e trasporta quattromila tonnellate di grano. È la prima partita da Berdyansk, nella regione di Zaporizhzhia, una trentina di chilometri a sudovest da Mariupol, da quando l’esercito ha strappato con la forza la città all’Ucraina.

Le autorità turche l’hanno fermata nel fine settimana di fronte a Karasu, all’imbocco del Bosforo. Ieri, secondo Interfax, il ministro degli Esteri russo, Sergey Lavrov in una conferenza stampa ha detto che è necessario risolvere il caso della nave cargo russa bloccata al largo della costa della Turchia. Dobbiamo capire questa situazione. La nave sembra essere davvero russa, con bandiera russa; appartiene, secondo me, al Kazakistan e il carico era sotto contratto tra Estonia e Turchia».

LE SORTI di questo cargo possono avere un grande impatto sul confronto militare. È stato l’ambasciatore ucraino ad Ankara, Vasyl Bodnar, a chiedere l’intervento della Turchia. A bordo, secondo Bodnar, si trova un carico di cereali «rubato» all’Ucraina.

Ma c’è un particolare ancora più importante sul piano diplomatico. Permettere il passaggio di una nave partita da Berdyansk significherebbe violare l’integrità territoriale dell’Ucraina.

«Dai nostri partner turchi abbiamo ottenuto piena collaborazione», ha fatto sapere l’ambasciatore. I turchi a dire il vero sono stati più discreti. Hanno evitato in ogni modo di affrontare la questione. Sullo status della Zhibek Zholi ancora non ci sono rapporti ufficiali. Ad Ankara sanno perfettamente di muoversi su un territorio delicato. Lo stesso vale per i russi.

«Purtroppo non abbiamo alcuna informazione al riguardo, non è una pratica che passa attraverso i nostri uffici», ha detto il portavoce del Cremlino, Dmitri Peskov, a chi gli chiedeva un commento.

Perché la vicenda potrebbe rivelarsi importante negli equilibri della guerra? Perché ai piani alti di Mosca percepiscono il caso come un test sull’atteggiamento da tenere nei confronti della Turchia. Il punto di vista lo ha espresso sul quotidiano Nezavisimaya Gazeta il ricercatore Amur Gadzhiev dell’Accademia russa delle Scienze.

SINORA, ha detto Gadzhiev, il presidente turco, Recep Tayyp Erdogan, si è presentato come mediatore. Da mesi il governo ucraino cerca di coinvolgerlo nel conflitto. Lo ha fatto, per esempio, con la richiesta di sostegno alle sanzioni contro la Russia. Anche l’episodio della Zhibek Zholi fa parte di questi tentativi. Erdogan è sempre riuscito a mantenere le giuste distanze.

Se dovesse cedere alle pressioni dell’Ucraina, allora i russi metterebbero in discussione anche il mandato che, in un modo o nell’altro, gli hanno riconosciuto nei colloqui di pace. Secondo Aleksey Maslov dell’Istituto per l’Africa e l’Asia dell’Università di Mosca ci sono altri paesi pronti a prendere il posto della Turchia, «a partire dal Brasile».

È una tesi con basi incerte. Il capo del Cremlino, Vladimir Putin, non si può permettere di perdere un interlocutore come Erdogan in questa fase. D’altro canto, un eventuale via libera alla nave rischierebbe di screditare il leader turco di fronte agli ucraini, per di più nel momento di massima visibilità all’interno della Nato.

IL DOSSIER TURCHIA non è, peraltro, l’unico al centro dell’attenzione fra il Cremlino e il ministero degli Esteri. Sabato scorso Yair Lapid è succeduto a Naftali Bennett alla guida del governo israeliano. Si tratta di un incarico tecnico che terminerà probabilmente con il voto.

Ma Lapid è stato il primo politico in Israele a usare il termine «aggressione» per descrivere qual che accade da mesi in Ucraina, il che spinge adesso diversi quotidiani in Russia a definire la sua posizione «filo occidentale».

Il timore principale a Mosca è che il nuovo premier possa suggerire al governo di adottare le stesse sanzioni che l’Europa e gli Stati Uniti portano avanti da mesi nei confronti della Russia. Per questo si attende l’esito della visita che il presidente americano, Joe Biden, dovrebbe compiere fra due settimane proprio in Israele e in Arabia saudita.

Come nel caso della Turchia, sarebbe Putin a perdere di più. I russi non possono che sperare che durante il vertice si discuta d’altro. Al quotidiano Izvestia l’esperto di Medio Oriente Sergey Melkonyan ha detto che l’agenda dell’incontro non sarà dominata dalla Russia, bensì dalla questione iraniana, che per Israele è prioritaria.