Cultura

Mont’e Prama in America, un marketing gigantesco

Il pugilatore, Manneddu, di Mont’e Prama, esposto al MannIl pugilatore di Mont'e Prama, Manneddu, esposto al Mann nel quadro della mostra «Sardegna isola megalitica»

Archeologia in tour Un accordo siglato dalla Fondazione che si occupa delle colossali sculture con il Metropolitan di New York prevede l'invio in America di Manneddu, il pugilatore, per un’esposizione sull’«antica storia della Sardegna»

Pubblicato quasi 2 anni faEdizione del 6 dicembre 2022

Scongiurato momentaneamente lo scambio tra i «giganti» di pietra di Mont’e Prama (IX-VIII s. a.C.) e i guerrieri di terracotta di Xi’an (III s. a.C.), il 30 novembre la Fondazione Mont’e Prama – che dal 2021 si occupa della gestione e della valorizzazione del patrimonio archeologico della penisola del Sinis – ha siglato un accordo con il Metropolitan Museum of Art di New York per un’esposizione sull’«antica storia della Sardegna». Nell’ambito della mostra prevista da maggio a novembre del 2023, uno degli esemplari del complesso scultoreo di Mont’e Prama, composto da 27 statue maschili antropomorfe (6 arcieri, 3 guerrieri e 18 pugilatori, ai quali si aggiungono 16 modellini di nuraghe e 9 betili), sarà inviato negli Stati Uniti. Si tratta del pugilatore che i restauratori del Centro di restauro e conservazione dei beni culturali di Li Punti (Sassari) – dove, tra il 2007 e il 2011, le migliaia di frammenti provenienti dagli scavi degli anni ’70 nella necropoli di Mont’e Prama sono stati assemblati – hanno ribattezzato «Manneddu».

La cassa con Manneddu accolta dal direttore del Mann in occasione della mostra a Napoli

SECONDO LE DIVERSE interpretazioni, la figura del pugilatore rappresenterebbe un guerriero armato alla leggera che praticava il combattimento corpo a corpo o un atleta che si esibiva in giochi sacri e cruenti in onore delle divinità o del defunto. E pensare che agli inizi di ottobre, il ritorno di Manneddu a Cabras dopo il tour europeo della rassegna Sardegna Isola Megalitica era stato presentato con toni trionfalistici dalla stessa Fondazione come il primo tassello del riaccorpamento delle sculture «nuragiche».
Nel 2014, infatti, queste erano state inopportunamente divise tra il Museo civico G. Marongiu e il Museo archeologico nazionale di Cagliari, che detiene ad oggi la maggior parte dei reperti e dove era conservato anche il pugilatore-viaggiatore. Solo due mesi fa, dunque, Manneddu (193 cm di altezza per 330 chilogrammi) è stato accolto con entusiasmo dalla comunità che nel febbraio del 2021 si era opposta con una manifestazione davanti ai cancelli del museo allo spostamento dei nuovi rinvenimenti da Mont’e Prama al laboratorio di restauro di Cagliari mentre il sindaco Abis, per lo stesso motivo, aveva chiuso la struttura durante 8 giorni con un’ordinanza d’urgenza. Ma ora la riunificazione dei monumenti, annunciata – in occasione della XXIV Borsa mediterranea del turismo archeologico di Paestum – per il prossimo marzo non sembra più costituire la priorità. Anche perché a Cabras i lavori di costruzione di un secondo museo, definito con piglio populista «la casa dei Giganti», si sono arenati e la loro ripresa è ostacolata dall’aumento dei costi dovuto alla congiuntura internazionale.

STUPISCE POI CHE IL MIC, che negò il prestito di alcuni frammenti dei guerrieri nuragici per le Olimpiadi di Atene del 2004 e si oppose nel 2009 al trasporto degli stessi al mancato G8 della Maddalena, taccia adesso sulla fragilità delle opere. L’ipotesi di mandare in giro alcune copie in scala 1:1 – come avviene, ad esempio, con l’esercito di terracotta dell’imperatore Qin – è stata giudicata troppo dispendiosa. Eppure, l’investimento per le riproduzioni sarebbe inferiore alla cifra esorbitante (un milione e 400mila euro) spesa per far spostare un unico originale da un punto all’altro del Vecchio Continente.
Così il gigante solitario si appresta, suo malgrado, a fare da ambasciatore all’American Dream della politica regionale e di un gruppo di manager di vari settori ad essa affiliati. Inoltre, la statua continuerà a veicolare un’idea di archeologia ottocentesca, totalmente slegata dal contesto di appartenenza e tesa a magnificare i reperti per il loro valore estetico ed emozionale. Se in Sardegna Isola Megalitica a un racconto rigoroso, inedito e suggestivo della Sardegna della prima età del Ferro si è preferito un riassunto globale e stereotipato, il progetto «a stelle e strisce» alimenta lo spauracchio dell’utilizzo dei giganti come feticci di un marketing pseudo-identitario, finanziato con cospicui fondi pubblici e rivolto al turismo di massa, sebbene enfaticamente spacciato per promozione culturale.

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