Con il beneplacito della futura premier, a luglio, durante la bollente composizione estiva delle liste elettorali, le era stato garantito il paracadute del proporzionale. Un aiuto, forse a posteriori, non così necessario ma di garanzia. Augusta Montaruli, torinese, fedelissima di Giorgia Meloni, era stata, poi, nominata sottosegretario al Ministero dell’Università e della Ricerca. E, nei giorni precedenti, non era stato raro trovarla nel totoministri.

Adesso, la sua ascesa si interrompe, costretta alle dimissioni dopo la condanna in via definitiva da parte della Cassazione a un anno e sei mesi per uso improprio dei fondi del gruppo consiliari del Piemonte, negli anni dal 2010 al 2014, quando era consigliera a Palazzo Lascaris.

È la prima pedina a cadere dell’apparentemente granitico governo Meloni; Andrea Delmastro, anche lui piemontese (è di Biella), indagato per rivelazione di segreto d’ufficio nel caso Cospito, resta in sella.

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L’inchiesta che ha coinvolto l’ormai ex sottosegretaria di Fratelli d’Italia Montaruli è la famosa «Rimborsopoli», che decretò l’inizio della fine della carriera politica del governatore Roberto Cota, confermata anche per lui la condanna a un anno e sette mesi. Gli inquirenti contestarono in un primo tempo all’esponente di Fdi, spese improprie per un totale di 41.552 euro. In primo grado era stata condannata a quattro mesi per finanziamento illecito, in quanto si era fatta rimborsare una spesa di un ristorante per duecento euro dove si era tenuto un incontro elettorale con Maurizio Marrone, all’epoca dei fatti suo marito e oggi assessore regionale in Piemonte.

Le accuse erano state rilanciate in appello e Montaruli era stata condannata per peculato a un anno e sette mesi, per essersi fatta rimborsare secondo l’accusa spese per circa 25mila euro (e non più 41mila). Tra gli scontrini contestati: cristalli Swarovski, borse e vestiti griffati e libri hot come Sexploration. Giochi proibiti per coppie. Nel 2019 la Cassazione dispose l’annullamento della sentenza con rinvio, ma nel 2021 la precedente condanna viene confermata in sede di nuovo appello. L’alto ieri, il pronunciamento della Cassazione.

Classe 1983, Augusta Montaruli è quasi una veterana della politica torinese. Prima nel Fuan, all’università, e in Azione Giovani (la giovanile di Alleanza Nazionale), ritratta col braccio destro teso in una foto di gruppo a Predappio, considerata però – una volta eletta sottosegretaria – «un errore di gioventù». Poi, nel Popolo della libertà (quando An ci confluisce) e in Fratelli d’Italia dalla sua fondazione: consigliera regionale e deputata dal 2018. «Cita e grama», ovvero piccola e cattiva, la chiamano i sodali, un appellativo che definirebbe la sua forte determinazione e che piace anche a lei, lo usa, infatti, per definirsi sui profili social. E proprio da Instagram ha annunciato il passo indietro: «Ho deciso di dimettermi dall’incarico di governo per difendere le istituzioni certa della mia innocenza». Valuta «l’opportunità di un ricorso alla Corte di Giustizia Europea».

La decisione arriva dopo ore di richieste pressanti da parte delle opposizioni, dal Pd a Sinistra-Verdi fino al M5s. In una nota le presidenti dei gruppi parlamentari dem, Debora Serrachiani e Simona Malpezzi, avevano sottolineato: «Ogni giorno assistiamo agli scivoloni e agli errori della classe dirigente di FdI. Ora siamo arrivati anche alle condanne definitive per peculato per la sottosegretaria Montaruli, che non ci risulta si sia dimessa come sarebbe doveroso fare. Donzelli, Delmastro, Fazzolari con le sue uscite inopportune, e Montaruli: tutti ancora al loro posto. E tutto questo avviene nel silenzio imbarazzato degli alleati di governo e con la copertura politica di Giorgia Meloni».

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L’epilogo del caso Montaruli evidenzia frizioni all’interno della maggioranza con scintille tra Forza Italia e Fdi, dopo che il vicepresidente della Camera Giorgio Mulé, commentando la notizia della condanna, aveva parlato di situazione imbarazzante per il governo. La replica arriva da fonti (anonime) di Fdi attraverso le agenzie: «Mulè pensava di metterci in difficoltà con le sue provocazioni, invece ha preso uno schiaffo morale dalla Montaruli la cui impronta gli manterrà la faccia ben più rossa di quanto rubiconda già sia. Che provocatorie insinuazioni vengano da un personaggio come Mulè, che di pregiudicati eccellenti nel suo partito ne vanta più di uno, è intollerabile».