Monaco (Pd): «A Bersani e Grasso dico: con Bonino, e con il Pd, un nuovo Ulivo»
Intervista al deputato ulivista Il prodiano non pentito: In Mdp ci sono sensibilità diverse: quella che all’ingrosso si può intestare a Bersani, più pragmatica, riformista e incline a una sinistra di governo. E l’altra, mi pare intestabile a D’Alema, più proiettata su una sinistra minoritaria, identitaria e antagonista, che in una logica proporzionalista dice: ce la vedremo dopo. Ma chi davvero non vuole rassegnarsi alla sconfitta deve arricchire e differenziare l’offerta del centrosinistra.
Intervista al deputato ulivista Il prodiano non pentito: In Mdp ci sono sensibilità diverse: quella che all’ingrosso si può intestare a Bersani, più pragmatica, riformista e incline a una sinistra di governo. E l’altra, mi pare intestabile a D’Alema, più proiettata su una sinistra minoritaria, identitaria e antagonista, che in una logica proporzionalista dice: ce la vedremo dopo. Ma chi davvero non vuole rassegnarsi alla sconfitta deve arricchire e differenziare l’offerta del centrosinistra.
Franco Monaco (deputato ’ulivista’ del Pd), lei propone un nuovo cantiere con Grasso, Pisapia, Bersani, Bonino, per un’aggregazione «distinta e sfidante il Pd», con la benedizione dei padri dell’Ulivo. Sfidante ma alleata?
Propongo un rassemblement, un’iniziativa politico-elettorale di soggetti personali e collettivi interessati a ricostruire un centrosinistra plurale e di ispirazione ulivista. In concreto, un soggetto che si regga su due gambe: quella ulivista e quella del Pd, ahimé. Per ingaggiare una competizione elettorale e un negoziato per un comune programma di governo. Meglio prima. Altrimenti dopo.
Che piaccia o no, l’Ulivo non sembra riproponibile.
Lo so, mi dicono anche di non usare questo termine. Ma voglio essere chiaro. Ulivista significa: di centrosinistra, plurale, con una cultura di governo e nitidamente alternativa alla destra.
E lo propone a Bersani che sta facendo gli accordi con la sinistra che non vuole sentire più parlare di centrosinistra?
E non a caso. In Mdp ci sono sensibilità diverse: quella che all’ingrosso si può intestare a Bersani, più pragmatica, riformista e incline a una sinistra di governo. E l’altra, mi pare intestabile a D’Alema, più proiettata su una sinistra minoritaria, identitaria e antagonista, che in una logica proporzionalista dice: ce la vedremo dopo. Ma chi davvero non vuole rassegnarsi alla sconfitta deve arricchire e differenziare l’offerta del centrosinistra.
In pratica invita Bersani a rompere con D’Alema?
No, ma mi auguro che in Mdp non prevalga la linea neofrontista. Nonostante il Pd renziano. E quindi propongo di costituire un soggetto leggero e poi ingaggiare un confronto serrato prima delle elezioni con il Pd. Proviamo a fare una coalizione. Lo so che oggi la legge elettorale configura accordi elettorali più che coalizioni. Ma questo è affidato all’iniziativa politica. La mia idea resta quella originaria di Pisapia.
Quell’idea di Pisapia era stata già accantonata dal Pd, dalle cose, e dallo stesso Pisapia.
Ma non c’è altra via per non rassegnarsi alla sconfitta. Dobbiamo provarci, e per farlo bisogna intanto costituirsi come un soggetto, non un partito classico, visti i tempi e anche perché diventa un campo più largo. Del resto la storia si ripete: questa è la stessa intuizione all’origine dell’Ulivo.
L’Asinello fondato da Prodi?
Una storia che forse non ricorda più nessuno, forse neanche lo stesso Romano. Nel 1999, dopo la caduta del primo governo Prodi e la gelata dell’Ulivo, con Prodi e Parisi facemmo i Democratici dell’Asinello come forza di centrosinistra distinta e competitiva con i Ds a guida dalemiana che, considerandosi presuntuosamente egemonici, oggi diremmo autosufficienti, archiviarono l’Ulivo. Oggi si deve fare qualcosa di simile a fronte della deriva del Pd renziano, tanto baldanzoso quanto isolato, minoritario, divisivo. Anche noi che alla fine degli anni 90 eravamo un manipolo che spingeva per il Pd, non forzavamo la mano sul soggetto unitario perché capivamo che il giorno che avessimo strutturato il partito si sarebbero irrigiditi i confini.
Dopo il ’99 però ci fu il 2001, e cioè la sconfitta dell’Ulivo.
Sapevamo che stavamo mettendo in moto un processo. La lettura di noi ulivisti è nota: se il governo Prodi avesse retto si sarebbe accelerato un processo politico di costituzione di un soggetto unitario. Dopo la rottura del ’98, la più traumatica di tutte, nessuno si illudeva, sapevamo che dovevamo ricominciare da capo.
Diceva che questo è il progetto originario di Pisapia. Oggi la pensa come lei?
Lo dirà lui. Certo è il progetto originario. Che però si è imbattuto in qualche resistenza esterna e qualche esitazione sua.
Pisapia non si ritira?
A quanto ho capito non vuole fare il numero uno e non vuole candidarsi. Ma dalle tante iniziative che continua a fare fa mi pare che voglia partecipare.
Quindi l’ipotesi di una lista Bonino-Pisapia esiste?
Per me dovrebbe essere una lista di centrosinistra, pluralista nelle biografie e culture politiche. E se non avessi ragioni personali io ora sarei a Roma, all’Ergife, al convegno dei Radicali italiani. Le due issues di quell’incontro sono l’Europa e lo ius soli: due issues di un centrosinistra di governo.
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