Mogli, buoi e architetti dei paesi tuoi
Il colonnino infame Artisti, archistar? Toglietegli il vino, a loro e al sindaco di turno...
Il colonnino infame Artisti, archistar? Toglietegli il vino, a loro e al sindaco di turno...
Una nuova minaccia incombe su Napoli e i suoi abitanti: una spaventosa eruzione? No, una mostruosa erezione. Quella del «Pulcinella Verticale», opera d’arte alta 12 metri appena, appunto, eretta in mezzo a piazza Municipio. Che poi l’opra sia pure a forma di enorme pene, questo è un altro discorso. Che l’autore sia stato influenzato dalla vicinanza del Maschio Angioino? Chi può dirlo? E manco possiamo chiedere all’artista Gaetano Pesce se è stato influenzato dal suo stesso cognome, dato che pace all’anima sua è da poco trapassato a New York. E pensare che su quella stessa piazza, prima sorgeva la «Venere degli stracci» di Pistoletto, altra opera tanto amata dai napoletani che una notte qualcuno prese prosperi, benzina e le diede fuoco. Riuscirà il sindaco Manfredi a preservare l’incolumità di questa nuova opera d’arte che già tutta Napoli gli ride dietro? Ok, Manfredi ha dalla sua De Magistris che su FB posta serio: «Napoli cresce, da Pistoletto a Pesce». Basterà il convito endorsement del predecessore a non fargli fare, a ‘sto priapico Pulcinella e al più tranquillo Manfredi, la fine dei tracchi? Sia come sia con i nostri sindaci napoletani c’è sempre qualcosa che va storto.
La stessa piazza Municipio prima piena di aiuole e fontane, dopo che ci ha messo le mani l’architetto-artista Alvaro Siza, s’è ridotta a un deserto di pietra senza un alberello e senza una panchina. La Villa Comunale poi, per Dumas la più bella passeggiata del mondo, disegnata dal napoletano Vanvitelli a fine ‘700… duecento anni dopo Antonio Bassolino da Afragola la mette nelle grinfie di Mendini; altro archistar con gli occhi foderati di prosciutto. Quindi via le cancellate neoclassiche, via gli storici lampioni in ghisa e via libera a cancellate in alluminio anodizzato e «siluri» luminosi sempre in anodizzato. Piazza Garibaldi, stazione Centrale, nel 2004 finisce in mano a Dominique Perrault che una buona a metà la fodera con un reticolo metallico di pensiline paradiso ora dei piccioni, e l’altra metà pialla a zero punteggiandola con misteriosi cubicoli di metallo, forse futuri chioschi, ora paradiso di ratti. E si potrebbe continuare. Pesce da La Spezia, il piemontese Pistoletto, il milanese Mendini, il francese Perrault… oh, ce ne fosse uno che arriva a Napoli e noi ci decidiamo a levargli il vino. Ma questa sorta di modernizzazione coloniale, direte voi, non parte dai sindaci di Napoli? Giusto. Allora il vino leviamolo prima a loro.
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