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«Modello Argentina» per la Grecia

«Modello Argentina» per la Grecia

Intervista Martin Lafforgue, sociologo argentino studioso della crisi greca: «Se Syriza mantiene il suo programma, difficile che gli altri 18 paesi accettino l’applicazione delle politiche della Bce»

Pubblicato più di 9 anni faEdizione del 26 maggio 2015
Claudio TognonatoBUENOS AIRES

Grazie al suo ruolo come diplomatico ad Atene tra il 2007 e il 2013, il sociologo argentino Martin Lafforgue è un testimone privilegiato della crisi greca e della lampante analogia con quanto già successo in Argentina con il default del 2001. Abbiamo incontrato Lafforgue a Buenos Aires nei giorni scorsi nel suo ufficio al ministero di Affari esteri.

Quando inizia in Grecia l’interesse per la situazione argentina?

Per me incomincia una mattina quando al bar sento dire: «Qui un giorno salterà tutto per aria, come in Argentina». Non che non lo avesse mai pensato, ma in quel momento mi sono reso conto che anche i greci vedevano quanto era successo in Argentina come il loro destino. Poi tutti hanno cominciato a chiedermi cosa sarebbe successo, la società era disorientata, nessuno era pronto, gli economisti, i politici, i giornalisti tutti furono sorpresi dal precipitare della crisi.

Quali le somiglianze con l’Argentina?

Le analogie sono tante, entrambi i paesi avevano rinunciato alla propria moneta, l’Argentina con la convertibilità al dollaro, entrambi con strutture culturali simili, con un indice di sviluppo medio. Due paesi che, aprendosi ai mercati, vedevano crollare la loro capacità produttiva, le fabbriche chiudevano, l’occupazione precipitava, nascevano i mercati di scambio senza denaro, cioè il «trueque» argentino. Ma anche la necessità di ricostruire l’autorevolezza della politica e del ruolo dello Stato.

Anche i media parlavano della via Argentina?

Prima la gente per strada, poi anche i giornali hanno cominciato a parlarne. Destra e sinistra, senza entrare nel merito, direi piuttosto per capire cosa stava accadendo. Nel 2011 anche la televisione, spedì una troupe di Exandas per girare un reportage che si chiamò «L’esperimento argentino». Il programma della televisione pubblica registrò un’audience sorprendente e, vista la ripercussione, è stato replicato varie volte in diversi orari. Questo interesse cambia radicalmente quando iniziano le grandi manifestazioni e soprattutto nel 2012, quando Syriza si proietta come seconda forza politica con una chiara prospettiva di governo. Allora l’interesse per l’Argentina serve a capire cosa sarà della Grecia. La via argentina è vista come il progetto di Syriza.

La ripresa della sovranità come modello?

Alcuni economisti, come Costa Lapvitsas, docente a Londra, proponeva il modello argentino come via di uscita dalla crisi. Si polarizzano le opinioni, la destra s’impegna nel dimostrare che la situazione in Argentina è disastrosa, che si tratta di scelte populiste, che non è un paese serio. Si scatena una campagna mediatica contro l’Argentina per colpire Syriza. Incidenti del tutto secondari sono ingigantiti per dimostrare che l’Argentina è in pieno caos e la causa dei disordini era la svalutazione. Una superficialità nell’abbordare i problemi che dà luogo alla manipolazione dei fatti. Poi anche Sky spedisce un équipe in Argentina e cerca di dipingere un panorama disastroso per dissuadere i greci da ogni alternativa. Non c’è scelta: o austerità o apocalisse.

Ora con la sinistra al governo, cosa sarà della Grecia?

Ci sono molti fattori in gioco, il primo è che la Grecia chiede di rimanere nell’area dell’euro. La gente non vuole tornare alla vecchia moneta, ma non vuole nemmeno accettare le misure di austerità che richiede l’Unione europea. È in atto un braccio di ferro con un risultato imprevedibile. Più a lungo termine se in Spagna vince Podemos Syriza avrà più possibilità di realizzare il proprio progetto. Come in America Latina l’unità del continente è la principale fonte di sostegno contro il neoliberismo. La Grecia ha bisogno dell’Europa.

Scenario due, cosa succede se Grecia è costretta ad abbandonare l’area dell’euro?

In questo caso si deve seguire quanto è accaduto in Argentina, si deve svalutare e rinegoziare il debito, tutti sanno però, che in queste condizioni, per la Grecia è impossibile saldare il proprio debito estero. Poi, se Syriza mantiene il suo programma mi sembra difficile che gli altri 18 paesi accettino l’applicazione delle politiche della Bce . Anche in questo caso Alexis Tsipras ha bisogno del sostegno della società europea. Se non proprio dei governi almeno la mobilitazione sociale a favore di un’altra Europa.

Nel 2001 l’Argentina fu isolata, i grandi gruppi finanziari, le banche, le multinazionali hanno ritirato i loro capitali prima del crollo e così facendo hanno accelerato il processo.

Anche in Grecia. È dal 2010 che le banche e le grandi corporazioni si sono messe al riparo da un eventuale crollo. La Grecia, come prima l’Argentina, sono state preventivamente isolate per evitare il temuto «contagio» della crisi. Da un punto di vista finanziario forse è isolata, resta però l’impossibilità dell’isolamento politico: la Spagna (come appare chiaro in queste ore con l’affermazione di Podemos alle amministrative), il Portogallo, Cipro seguono passo a passo l’esperienza greca e si teme l’effetto domino. Il primo ambasciatore ricevuto da Tsipras è stato l’ambasciatore russo. L’Unione europea gioca col fuoco in Ucraina, ma espellere Grecia potrebbe avere delle conseguenze imprevedibili sugli equilibri geopolitici nel Mediterraneo, basta pensare ai vincoli storici con la Russia e i nuovi accordi con la Cina.

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