Già da ieri mattina presto (ora locale birmana, notte fonda in Italia), il bilancio del ciclone tropicale Mocha, che si è abbattuto domenica nel sud-ovest del Myanmar e nel confinante Bangladesh, ha iniziato ad aggravarsi. Rispetto alle cinque vittime di cui ha parlato la giunta militare al potere nell’ex Birmania in uno scarno comunicato, potrebbero essercene diverse centinaia.

Mocha è ritenuto il più potente ciclone che si è abbattuto in quell’area da dieci anni a questa parte. Gli esperti lo hanno classificato come di categoria 5, la massima. Per avere un termine di paragone, ancora il sud del Myanmar era stato devastato il 2 maggio 2008 da Nargis: 138mila vittime e 2,4 milioni di persone senza tetto. E quel ciclone era di categoria 3.

PER ARRIVARE al bilancio definitivo di Mocha potrebbero volerci giorni, se non settimane. Anche perché ha interessato due Stati del Myanmar (Rakhine e Chin) e la regione di Magway da sempre al centro di conflitti e dove tuttora continuano i combattimenti tra giunta e ribelli. Con bombardamenti su città e villaggi da parte dei primi e scontri sul terreno.

Gli stessi militari al potere, probabilmente incalzati dai primi numeri comunicati dalle diverse sigle della galassia che si oppone ai golpisti, ieri hanno ammesso di non poter fornire cifre: si tratta di aree sulle quali non hanno il controllo. La zona più colpita sembra al momento lo Stato del Rakhine, a partire dal capoluogo Sittwe.

È da questa città portuale che il ciclone Mocha si è poi abbattuto con tutta la sua forza sulla terraferma. In un post su Twitter, la consigliera del ministero dei diritti umani del Governo di unità nazionale (Nug) che si oppone alla giunta, Aung Kyaw Moe, ha parlato di 400 vittime solo a Sittwe.

L’organizzazione umanitaria statunitense Partners Relief&Development ha dichiarato che, secondo loro contatti nella minoranza musulmana dei Rohingya, i campi situati proprio nei pressi del capoluogo del Rakhine sarebbero andati quasi interamente distrutti e si conterebbero centinaia di vittime. Per altre fonti locali, ieri pomeriggio erano già stati recuperati 75 corpi, con oltre 400 dispersi tra i rifugiati rohingya.

NELLO STATO del Chin, secondo la squadra di risposta alle emergenze Chin Health Organization (Cho), il ciclone ha distrutto almeno 452 case e il quartier generale di due unità della Chin Defence Force (Cdf). Ma almeno fino a ieri non venivano segnalate vittime, a quanto pare grazie a un sistema di allerta che sembra aver funzionato.

I residenti si sono rifugiati nelle trincee e nei rifugi aerei impiegati nella guerra contro la giunta. Ingenti danni sono stati segnalati alle coltivazioni, soprattutto di riso, in aree rurali dove già prima del ciclone, a causa del conflitto, era crollata la produzione di beni di prima necessità, mancava l’elettricità e la giunta aveva interrotto le telecomunicazioni.

Aggiornati ieri sera anche i numeri sul Bangladesh, dove non si contano vittime ma ingenti danni, soprattutto nella regione di Teknaf. Sulla base delle stime, circa 10mila abitazioni richiedono lavori di riparazione, almeno 2mila sono da ricostruire. Il tutto, con la stagione dei monsoni in arrivo nelle prossime settimane.