Siamo nel marzo del 2020 all’aeroporto Charles de Gaulle di Parigi, dove è stato annunciato un blocco totale dei voli a causa della pandemia di Coronavirus. Tre donne, mentre aspettano, si siedono una accanto all’altra nella sala d’aspetto e cominciano a parlare, spinte anche da dei commenti razzisti e misogini ricevuti da una di esse da parte di un uomo. Mariko è franco-giapponese ed è cresciuta in un ambiente internazionale, Yumi è una designer che confessa di aver avuto una gravidanza indesiderata e un aborto quando era giovane, mentre Keiko lavora come traduttrice in una casa editrice parigina ed è alla ricerca della sua identità di genere.

COMINCIA così uno spettacolo teatrale intitolato Mimoza Ways che presenta le lotte e l’evoluzione del femminismo nell’arcipelago giapponese negli ultimi cento anni. Basato su una ricerca storica e su una serie di interviste con circa duecento donne giapponesi, la versione video dello spettacolo viene presentata in questi giorni al Creative Commons, un manifestazione in corso all’Università Aoyama Gakuin di Tokyo, dove sono stati organizzati degli eventi di sei collettivi provenienti dall’Asia e collegati alle questioni di genere a al femminismo.Mimoza Ways è un progetto franco-nipponico iniziato nel 2018 dalla collaborazione fra la produttrice teatrale Namino Rivotal, la drammaturga Trinidad Garcia, e il gruppo teatrale del Mimoza Women’s Rights Theatre.

Le tre protagoniste che si incontrano per caso all’aeroporto parigino, viaggiano indietro nel tempo, fino ai primi anni del secolo scorso per vedere come le loro antenate, con licenza letteraria naturalmente, abbiano contribuito a mettere in discussione la società e cultura patriarcale del Sol Levante, alla nascita del femminismo, e come abbiano partecipato alle lotte per i diritti delle donne e contro la violenza e i soprusi sessuali.

LE TRE BRAVE attrici, Kazuyo Nakatani, Yoko Kuroki e Lou Cardonnel, guidano lo spettatore in una cavalcata storica di circa cento anni che parte da Hiratsuka Raicho e il gruppo di donne che creò «Seito» (Bluestocking), la rivoluzionaria rivista letteraria fondata nel 1911 che promuoveva la parità di diritti fra uomo e donna, fino alle battaglie del MeToo degli anni più recenti. Le vicende portate sul palco, in maniera olto minimalista e non senza qualche momento di comicità, toccano naturalmente anche il periodo fra gli anni ’60 e ’70. Decenni fondamentali per la storia del paese asiatico, così come per il movimento di liberazione femminista che in quel periodo nello specifico, si sarebbe sviluppato ed evoluto.

Affascinante è stato il racconto dedicato alla figura di Mitsu Tanaka, attivista e radicale pensatrice che nei primi anni settanta, fra le numerose lotte a cui partecipò, fu anche in prima fila per garantire il diritto all’aborto per le donne. Sempre nello stesso periodo, siamo nel 1970, Tanaka pubblicò uno dei suoi scritti più famosi, il manifesto Benjo kara no kaiho (Liberazione dal cesso). In questo, Tanaka criticava gli uomini nei movimenti di protesta in quanto consideravano la donna semplicemente come ricettacolo di fluidi corporali maschili, una critica che metteva in luce la struttura fortemente maschiocentrica della società nipponica, anche nelle sue parti più rivoluzionarie.
Lo spettacolo teatrale si conclude toccando gli anni più vicini a noi, con le questioni di genere, di violenza e abuso di potere perpetrate verso le donne e la comunità LGBTQ, e le conseguenti proteste che negli ultimissimi anni hanno scoperchiato un vero e proprio vaso di pandora.

matteo.boscarol@gmail.com