Migranti, transgender, insegnanti: la convention repubblicana stila la lista dei nemici
Stati Uniti Il tema era Make America Safe Once Again, rifacciamo l’America ancora una volta sicura, e le varie personalità che si sono avvicendate sul palco hanno ripetuto e ripetuto, con poche varianti, l’importanza cruciale per gli Usa di essere una nazione forte e sicura
Stati Uniti Il tema era Make America Safe Once Again, rifacciamo l’America ancora una volta sicura, e le varie personalità che si sono avvicendate sul palco hanno ripetuto e ripetuto, con poche varianti, l’importanza cruciale per gli Usa di essere una nazione forte e sicura
Per la convention repubblicana il secondo giorno è stato dedicato alla sicurezza e agli ex nemici. Il tema era Make America Safe Once Again, rifacciamo l’America ancora una volta sicura, e le varie personalità che si sono avvicendate sul palco hanno ripetuto e ripetuto, con poche varianti, l’importanza cruciale per gli Usa di essere una nazione forte e sicura. In special modo con dei confini sicuri, come ha sottolineato il candidato senatore del Montana Tim Sheehe, a cui il problema della sicurezza dei confini è sembrato stare particolarmente a cuore, e il cui stato confina con il Canada.
Anche il problema del vivere in una società così aperta alla comunità transgender è un problema di sicurezza, secondo la convention repubblicana, così come il fatto che la scuola “invece che educare voglia indottrinare”, come ha affermato il governatore della Florida Ron DeSantis responsabile di aver introdotto in Florida la cosiddetta legge Don’t say gay, non dire gay, che vieta categoricamente ad insegnanti ed educatori nelle scuole pubbliche fino al terzo grado, di affrontare temi di orientamento sessuale e identità di genere, appunto per non indottrinare i ragazzi.
Ogni volta che si è parlato del muro con il Messico, si è puntualmente alzato un coro il build the wall, costruisci il muro, e ogni volta che è stato nominato Trump, invece, la folla è esplosa in urla di gioia.
Anche questa seconda sera, in un fuori programma, Donald Trump si è presentato alla convention, annunciato e mostrato su tutti gli schermi mentre entrava con i figli (ma sempre senza sua moglie) e si è seduto in tribuna d’onore, poco prima che cominciasse la sfilata dei suoi ex nemici: Ted Cruz, Nikki Haley, Ron DeSantis, Marco Rubio. Tutti, a un certo punto, l’hanno sfidato per la nomination, e tutti hanno dovuto subire i suoi attacchi più feroci prima di essere battuti. E tutti si sono rimangiati qualsiasi cosa avessero risposto a questi attacchi, per dargli il loro supporto incondizionato.
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Il podcast sulle elezioni presidenziali americane“Sono qui perché mi ha chiamata il presidente Trump – dice Nikki Haley, calmando così i fischi con cui era stata accolta – per portare un messaggio di unità. E io sono qui per dare il mio endorsement al presidente Trump. Punto”.
Dalla sua tribuna, Trump si è goduto lo spettacolo, sempre con la benda sull’orecchio colpito, mentre dietro di lui sedeva Matt Gaetx, probabilmente il deputato più aggressivamente di destra.
Nessuno, però, è aggressivo a questa convention, e i tempi in cui, cappio in mano, i sostenitori di Trump gridavano “incarcerare Hillary Clinton” sembrano lontani. Per gran parte dell’era Trump, il tycoon e i suoi accoliti si sono accontentati di mettere i membri del loro movimento contro tutti gli altri e di creare una coalizione abbastanza grande da vincere senza dover cercare alleanze. Ma con il vento in poppa, quegli stessi politici sembrano pronti a riformulare il trumpismo come un movimento per tutti, che lo sappiano o no.
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