Per palazzo Chigi c’è poco da stare allegri, anche in vista del consiglio europeo di giugno dove il governo spera, come sempre, di far cambiare all’Unione europea la posizione mantenuta finora sui migranti. Due decisioni prese ieri in Olanda e Francia appaiono infatti come altrettante manifestazioni di sfiducia nei confronti del governo delle destre e rischiano di aumentare l’isolamento di Roma a Bruxelles. In sintesi: il Consiglio di Stato olandese ha ordinato alle autorità per l’immigrazione del paese di non espellere in Italia i migranti perché rischierebbero di subire violazioni dei diritti umani. Contemporaneamente la premier francese Elisabeth Borne ha annunciato che dalla prossima settimana 150 poliziotti in più verranno schierati alle frontiera con l’Italia per far fronte alla «maggiore pressione migratoria» in arrivo dal nostro paese. Misura che va letta come l’ennesimo passaggio della polemica che da mesi contrappone Parigi a Roma sui movimenti secondari, con la prima che chiede maggiori controlli all’Italia su coloro che sbarcano lungo le sue coste, pena la mancanza di un accordo sulla riscrittura del regolamento di Dublino.

La decisione del tribunale olandese nasce dal ricorso presentato da due immigrati rispettivamente di origine nigeriana e eritrea che avevano fatto domanda di asilo nel Paesi Bassi dopo essere arrivati in Italia. Rispettando quanto previsto dal regolamento di Dublino, secondo il quale la responsabilità di un migrante ricade sul paese di primo approdo, il governo aveva ordinato la loro espulsione in Italia ma è stato bloccato dai giudici. Il motivo va ricercato in una lettera scritta a dicembre dal governo italiano per chiedere all’Unione europea la modifica di Dublino per la mancanza di strutture di accoglienza. «Senza accoglienza c’è il rischio reale che i loro bisogni primari, come avere un riparo, cibo e acqua corrente, non vengano soddisfatti, il che costituisce una violazione dei diritti umani», spiega una nota del Consiglio di Stato. In precedenza sempre il Consiglio di Stato aveva stabilito che i rifugiati non possono essere espulsi verso Croazia, Grecia e Malta per motivi simili.

Più legata alle dinamiche politiche francesi la scelta di aumentare il numero degli agenti al confine con l’Italia. A febbraio il ministro dell’Interno Gerard Darmanin aveva infatti presentato una nuova legge sull’immigrazione che prevede un aumento delle espulsioni, specie per i migranti che hanno commesso un reato, una riforma del diritto di asilo e la regolarizzazione degli stranieri presenti nel Paese per dare risposta alle richieste delle aziende che, come in Italia, richiedono manodopera in settori come l’edilizia e la ristorazione. Si calcola che in Francia necessiterebbero tra i 400 e i 600 mila lavoratori in più, personale che le imprese faticano a trovare. «Dobbiamo essere gentili con i gentili e cattivi con i cattivi», aveva spiegato lo stesso Darmanin. Mentre il presidente Emmanuel Macron aveva sostenuto i disegno di legge spiegando che «serve fermezza e umanità. Non possiamo accogliere tutti».

Il disegno di legge scontenta però un po’ tutti, al punto da dividere la stessa maggioranza di governo tra falchi e colombe. Il risultato è che, già sotto pressione per la riforma delle pensioni, ieri Borne ha capito che non era il caso di insistere ulteriormente ha quindi deciso di rimandare all’autunno l’esame delle nuove norme. «Attualmente non esiste una maggioranza per votare quel testo, come ho potuto verificare ieri (martedì, ndr) incontrando i responsabili dei Republicains»,ha spiegato la premier francese.

Resta, comunque, la volontà di non arretrare rispetto alla linea di fermezza decisa nei confronti dei migranti. A partire dai controlli alle frontiere per impedire il passaggio di coloro decisi a raggiungere il Nord Europa dopo essere arrivati in uno dei paesi che affacciano sul Mediterraneo. «E’ una priorità», ha assicurato Borne annunciando l’invio di ulteriori 150 poliziotti e gendarmi ai confini con l’Italia.