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Michel-von der Leyen, sfida all’ok sofa

Michel-von der Leyen, sfida all’ok sofa

Bruxelles La presidente della Commissione Ue: «Non permetterò che situazioni simili si ripresentino». Due petizioni chiedono le dimissioni del belga

Pubblicato più di 3 anni faEdizione del 13 aprile 2021

«Non permetterò più che una situazione del genere si ripresenti un’altra volta». Non usa la diplomazia Ursula von der Leyen per comunicare al presidente del consiglio Ue Charles Michel tutto il suo disappunto per il sofagte. I due si sono visti ieri per la prima volta dopo il viaggio ad Ankara e torneranno a incontrarsi oggi con il presidente del Parlamento europeo David Sassoli e i presidenti dei gruppi parlamentari, per un ulteriore chiarimento sull’incidente turco.

La prossima settimana von der Leyen e Michel saranno di fronte agli eurodeputati e dovranno spiegarsi su quello che si è svolto dietro il sofagate, cioè sulle concessioni e promesse fatte a Erdogan dalla Ue, il vero scopo della visita a Ankara, che aveva già prima dell’incidente della sedia i contorni di un viaggio a Canossa, di un’Europa debole e impaurita di fronte all’autocrate che la fa ballare con la minaccia di non trattenere sul proprio suolo i 3,5 milioni di rifugiati siriani. Dovranno rivelare se sono stati promessi altri soldi, al di là dei 6 miliardi (4 già versati) su cui si era impegnata Bruxelles per i rifugiati al momento più grave della crisi, 5 anni fa. La Turchia ha chiesto anche una nuova revisione, più favorevole, del trattato di associazione firmato nel 1964 e una liberalizzazione dei visti.

IERI SERA, Ursula von der Leyen e Charles Michel hanno dedicato il loro incontro settimanale a discutere sul modo di migliorare le relazioni di lavoro tra le due istituzioni europee che presiedono. Tra i due le relazioni sono tese da prima del sofagate e la rivalità va oltre l’antipatia personale. La Ue è una struttura complessa, i nemici privilegiano il Consiglio, rappresentante degli stati. Erdogan, come del resto Putin, sa sfruttare le debolezze di un sistema che non ha una vera volontà di potenza, a causa delle diverse posizioni diplomatiche e politiche dei paesi membri. Nelle ultime settimane, la Ue ha subito due grosse umiliazioni: prima di Ankara, c’era stato l’episodio di Mosca, a febbraio, quando l’Alto rappresentante per la politica estera, Josep Borrell, ha saputo solo dopo la conferenza stampa finale con Serguei Lavrov che dei diplomatici europei erano stati espulsi. Un’«umiliazione» che ha spinto degli eurodeputati a chiedere le dimissioni dell’Alto rappresentante, per un viaggio mal preparato e inopportuno come data, tra aggressione all’Ucraina, imprigionamento dell’oppositore Navalny, repressione delle proteste. Ma anche con la Russia, ci sono posizioni diplomatiche diverse all’interno dei 27, tra la Germania legata alla costruzione del North Stream II e vari paesi che corrono dietro lo Sputnik V, per far fronte alla confusione e alla penuria dei vaccini.

ANCHE CHARLES MICHEL deve oggi far fronte a richieste di dimissioni, dopo la performance nel salotto del sultano (potrebbe essere il primo presidente del Consiglio Ue a fare un mandato di 2 anni e mezzo, metà legislatura, come prevede del resto il Tratttato di Lisbona). Oltre a #WeWantOur Seat, #GiveHerASeat, una petizione che ha raccolto firme fino a ieri sera a mezzanotte e poi spedita a Michel e a von der Leyen (nel pomeriggio erano già più di 5mila), firmata da organizzazioni come Women and Innovation Foundation o International Law League for Women, e da giuristi e parlamentari, chiede le dimissioni del presidente del Consiglio, perché «ostensibilmente prendendo la leadership come uomo rispetto a una donna che è politicamente sua pari grado, ha offerto al dittatore il rafforzamento della repressione che impone su donne e ragazze in Turchia». Per la petizione, le scuse – tardive – di Michel sono «penose» e «non possono cancellare gli errori» commessi. Michel, dopo essersi autoscusato in nome del «protocollo», adesso dice: «non dormo la notte» a causa del sofagate. Ma poi trova la giustificazione: ho «evitato un incidente diplomatico», che non è altro che un’ammissione di debolezza della Ue.

Michel si fa scudo della «difesa dei valori democratici e dello stato di diritto» che la delegazione Ue avrebbe fatto a Ankara, parlando anche dell’uscita di Ankara il 19 marzo dalla Convenzione di Istanbul che combatte la violenza alle donne. Ma non ricorda che alla conferenza stampa dopo l’incontro di Ankara, Erdogan non era presente e di Convezione di Istanbul e di diritti umani hanno parlato con la stampa solo i due presidenti Ue.

Il sofagate è stato il secondo episodio di tensioni protocollari dell’inopportuno viaggio a Ankara, c’era già stata l’assenza di una sedia con alto schienale per von der Leyen al pranzo di lavoro (poi rimediata in extremis). Del resto, i sultani ottomani facevano sedere i loro invitati su sedie più basse, come segno di potenza.

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