C’è un video che per l’Argentina ha segnato un “prima” e un “dopo”. La luce è soffusa, la stanza ha colori chiari. Si vede un letto, ai lati due lampade emanano un bagliore fioco. Al centro dell’inquadratura c’è una ragazza, è seduta e ha lo sguardo rivolto alla camera. Indossa una maglietta a righe, ha gli occhi grandi, i capelli lunghi e scuri. Si chiama Thelma Fardin ed è una giovane attrice argentina. Nel video, diffuso nel dicembre del 2018, denuncia di essere stata stuprata mentre era minorenne dall’attore e cantante Juan Darthés, molto noto nel mondo dello spettacolo latinoamericano. Il filmato è diventato un caso a livello internazionale e Fardin e i suoi avvocati hanno dato il via a una lunga battaglia legale per poter processare Darthés che, poco dopo ladenuncia, è scappato in Brasile. Dopo tre anni, grazie alla cooperazione fra Argentina, Brasile e Nicaragua, il 30 novembre si è aperto nel tribunale penale di San Paolo il processo contro l’attore.

COME TESTIMONIA Fardin nel video, nel 2009 aveva 16 anni ed era in tour in Nicaragua per promuovere Il mondo di Patty, una serie tv argentina di successo per bambini e adolescenti a cui aveva preso parte. In tour con gli attori della serie – allora tutti minorenni – viaggiava un solo adulto, Darthés, che nel 2009 aveva 45 anni. Nel filmato la voce di Fardin si spezza e le lacrime le scendono sul viso quando ricorda che una notte Darthés l’ha baciata sul collo e che, nonostante i suoi numerosi rifiuti, le ha praticato sesso orale e l’ha stuprata mentre lei gli chiedeva di fermarsi ricordandogli che aveva la stessa età dei suoi figli. Fardin descrive anche come Darthés le avesse preso la mano facendole sentire la sua erezione e dicendole: «Mira comò me pones – Guarda cosa mi fai». Il video si chiude con una serie di brevissimi filmati in cui decine di persone dicono «Mira comò nos ponemos – Guarda cosa facciamo noi» e con un primo piano di Fardin che, ancora scossa ma sorridente, pronuncia la stessa frase.

#MIRACOMONOSPONEMOS si è trasformato in un hashtag che in brevissimo tempo è diventato virale sui social e ha dato il via al MeToo argentino. Migliaia di persone, tra cui molte attrici e attori, hanno deciso di raccontare sui social gli abusi subiti. Come dice Laura Azcurra, componente del collettivo “Actrices argentinas” che ha accompagnato Fardin nella sua denuncia: «Poter ascoltare la voce di Thelma raccontare cosa aveva subito, ha cambiato la società argentina. Ha permesso a migliaia di persone di dire pubblicamente, per la prima volta, quello che si tenevano dentro e non avevano mai potuto esternare». La voce di Azcurra si spezza dall’emozione mentre ricorda i giorni successivi alla pubblicazione del video: «È stato così potente che le chiamate al 144 – un numero verde governativo per le vittime di violenza di genere – la notte in cui è stato pubblicato il filmato di denuncia di Thelma sono aumentate del 1200%».

Il video, che è stato presentato nel dicembre del 2018 in un teatro di Buenos Aires durante una conferenza stampa organizzata dal collettivo “Actrices Argentinas”, è arrivato in seguito alle denunce di altre tre attrici – Calu Rivero, Anita Coacci e Natalia Juncos – che, con racconti simili a quello di Fardin, avevano denunciato Darthés di averle molestate. Purtroppo le testimonianze di Rivero, Coacci e Juncos non avevano suscitato molto clamore, ma – come ha raccontato Fardin stessa – sono state le parole delle tre donne ad averle fatto trovare il coraggio di denunciare Darthés. Il filmato di Fardin nel 2018 ha aperto un dibattito enorme in Argentina, occupando per molto tempo le prime pagine dei giornali e i principali palinsesti televisivi anche per i risvolti che ha avuto. A pochi giorni dall’uscita del filmato infatti Darthés è stato intervistato da una nota emittente televisiva argentina e l’attore ha negato le accuse di Fardin, incolpandola di aver provato a baciarlo contro la sua volontà mentre le chiedeva di smetterla dato che aveva la stessa età dei suoi figli.

SULLA DENUNCIA era intervenuto anche l’allora presidente argentino Mauricio Macri appoggiando Fardin e affermando che: «Quello che prima ci sembrava normale ora non lo è più». Nonostante negasse le accuse poco dopo lo scoppio dello scandalo Darthés si è rifugiato in Brasile, Paese in cui vive ancora oggi e da cui non può essere estradato dato che ne ha la nazionalità.

Visto che la violenza sarebbe avvenuta in Nicaragua, che Fardin ha la cittadinanza argentina e Darthés brasiliana portare avanti la denuncia è stato molto complesso dal punto di vista giuridico. Come spiega Martín Arias Duval, avvocato di Fardin: «I casi di violenza sessuale molte volte avvengono nell’intimità della vittima e dell’abusatore che sono gli unici testimoni degli eventi. Quello che accade normalmente è che non ci si fida della testimonianza di chi denuncia: si valutano i fatti con una prospettiva maschilista o patriarcale. Molte persone decidono così di non denunciare, scoraggiate dal fatto che nella maggioranza dei casi gli organi giudiziari non accompagnano la vittima nel percorso per ottenere giustizia. In questo caso invece c’è stata una reazione importante da parte di tre sistemi giudiziari che sono riusciti a mettersi nei panni della vittima, ad analizzare i fatti con prospettiva di genere e questo ha permesso che il caso avanzasse in modo molto rapido ed efficiente. Già il fatto che il processo sia arrivato fin qui rappresenta una vittoria».

SECONDO l’ultimo rapporto di Amnesty International in Argentina su 100 denunce di abuso sessuale solo un caso ottiene una condanna. «Io allora ero una bambina – ha dichiarato Fardin in un video diffuso da Amnesty Argentina, che supporta pubblicamente l’attrice – Oggi sono una donna con molti più strumenti che mi permettono di farmi carico di questo processo. La società per fortuna non è la stessa di 10 anni fa, abbiamo imparato che “no” significa “no” e che non siamo sole. Per questo non abbiamo paura di parlare. Il processo è devastante, molto costoso e soprattutto è emotivamente estenuante. Il potere giuridico deve dare un messaggio chiaro alla società, deve essere rispettoso dei tempi della vittima ed essere all’altezza del coraggio di chi denuncia le violenze sessuali subite. Se noi troviamo la forza di parlare, abbiamo bisogno che la giustizia ci dia una risposta».