I gruppi di Partito democratico, Movimento 5 Stelle, Italia viva e Azione chiedono formalmente che dopo l’approvazione del nuovo Patto di stabilità e crescita Ue e dopo la bocciatura alla Camera della ratifica del Mes, il ministro dell’economia Giancarlo Giorgetti si presenti in commissione Bilancio a Montecitorio per un’audizione urgente. «Lo scorso 20 dicembre, dopo mesi di negoziazione, i ministri delle Finanze dell’Unione europea hanno siglato all’unanimità un accordo sulla revisione del Patto di stabilità e crescita per la cui approvazione definitiva occorrerà aspettare il voto del Parlamento europeo, prima della fine della legislatura – scrivono i deputati del Pd – All’indomani di questo traguardo comunque rilevante, quale che sia il giudizio di merito, la Camera dei deputati, nella seduta del ventuno dicembre, con un voto dell’Assemblea ha bocciato il disegno di legge che reca l’autorizzazione alla ratifica dell’Accordo recante modifica del Trattato che istituisce il Meccanismo europeo di stabilità (Mes)». Dunque, «alla luce di questi significativi accadimenti», il gruppo dem dice di considerare «necessaria e urgente una informativa del ministro da svolgere nella Commissione da lei presieduta già in occasione dell’esame della legge di bilancio».

NEL GIRO di poco, si apprende che Giorgetti si presenterà effettivamente mercoledì 27 in commissione, ma che parlerà soltanto della legge di bilancio che arriva, blindatissima, alla Camera per essere approvata il 29 dicembre, senza ricorso al voto di fiducia. Le opposizioni a questo punto alzano il tiro. «Lo ringraziamo per la disponibilità, anche se si dice indisponibile a parlare di altro – dice Marco Grimaldi di Alleanza Verdi Sinistra alla fine della commissione – Vedremo se riuscirà a spiegare in che modo con questa legge di bilancio e le loro politiche potranno evitare il disastro sociale, viste le regole del Patto di stabilità che hanno appena siglato contro gli interessi del paese». Il ministro intanto fa sapere di non essere intenzionato a fare un passo indietro: «Sulle mie dimissioni decido io», manda a dire. Luigi Marattin di Iv gli replica sarcastico: «È l’unica cosa su cui decide». ll presidente dei senatori dem Francesco Boccia dice che il ministro è «ostaggio del populismo e degli anti europeisti» e dunque «inadeguato a ricoprire quel ruolo». E Pier Ferdinando Casini ricorda malizioso che al tempo della prima repubblica «un leader importante della Democrazia cristiana a proposito di un esponente di governo dell’epoca, diceva: ‘È un uomo intelligente, ma non è un ministro di polso, al massimo di polsino…’». Ci pensa Matteo Salvini a difendere Giorgetti, ma le sue parole rischiano di alimentare i dubbi della minoranza. «Io e Giorgetti non abbiamo mai litigato – dice rispondendo ai cronisti – Il Mes era merce di scambio su altro? probabilmente è vero, però è stata una scelta coerente: la Lega ha sempre avuto la stessa idea da 10 anni a questa parte. Abbiamo sempre votato nella stessa maniera e il governo ha avuto una maggioranza compatta».

COSÌ, MENTRE si apprende che le opposizioni hanno presentato mille emendamenti alla manovra, il vero oggetto del contendere riguarda proprio l’autonomia del ministro, fino a due giorni fa considerato espressione dell’«anima pragmatica» della Lega e adesso accusato di essersi rimangiato la linea per mere ragioni di tattica politica e strategia elettorale. Il tutto avviene in uno scenario surreale: all’appuntamento in commissione a Montecitorio che serve a dichiarare conclusa la discussione generale sulla manovra si presentano solo in cinque: tre parlamentari del Pd (Andrea Casu, Claudio Mancini e Ubaldo Pagano), il citato Grimaldi di Avs, il presidente dell’organismo Giuseppe Mangialavori e Paolo Trancassini di Fratelli d’Italia per la maggioranza. La stragrande maggioranza dei trentuno componenti, compresi i relatori di maggioranza Carmen Letizia Giorgianni di Fratelli d’Italia, Nicola Ottaviani della Lega e Roberto Pella di Forza Italia, era collegati da remoto. Il Natale potè più del Covid.