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Mes, la destra diserta il voto. Passa la proposta Pd-Iv

Mes, la destra diserta il voto. Passa la proposta Pd-IvBanchi vuoti del governo nell’aula della camera dei deputati – foto di Ansa

Politica Commissione Esteri, contrari 5S e sinistra. Meloni e Salvini puntano al rinvio a settembre. La premier vuole utilizzarlo per negoziare con l’Ue il patto di stabilità. Fi, ancora tensioni

Pubblicato più di un anno faEdizione del 23 giugno 2023

Il testo base della proposta di ratifica della riforma del Mes, eterna contesa che si trascina da anni, c’è. È quello del Pd Piero De Luca, approvato ieri in commissione Esteri della Camera da una ristretta minoranza: Pd e Terzo Polo. La maggioranza ha disertato il voto per evitare una spaccatura altrimenti inevitabile: Fi avrebbe votato con Pd e Terzo Polo a favore della ratifica, in contrasto con FdI e Lega. Il M5S e Sinistra-verdi si sono astenuti ma quella dei 5S è un’astensione che vale un voto contrario: «Aspettiamo il dibattito in aula per chiarire la nostra posizione che non è a favore del Mes», specifica Conte. La posizione dei rossoverdi sarà probabilmente la stessa.

LA MALEDIZIONE DEL MES colpisce ancora, spaccando sia la maggioranza che l’opposizione, ma è in ampia misura una sceneggiata. Era chiaro sin dall’inizio che la maggioranza avrebbe trovato un modo per sottrarsi al voto, così come è chiaro ora che il testo approvato ieri non arriverà in aula nella data fissata, tra pochi giorni. L’agenda prevede il passaggio in commissione Bilancio per il parere, quindi il ritorno in Esteri con il voto sul mandato al relatore, infine l’approdo in aula il prossimo 30 giugno. Nel corso di questo percorso, probabilmente in una conferenza dei capigruppo il 28 giugno, l’appuntamento verrà rinviato a settembre.

SU QUESTA SCELTA non ci sono divisioni nella maggioranza. Tutti mirano al rinvio, non solo per evitare di mettere in piazza le divisioni interne ma anche, anzi soprattutto, perché nessuno ha interesse nel risolvere la partita con Bruxelles adesso. Lo scontro aperto, inevitabile in caso di bocciatura, innescherebbe una reazione a catena che coinvolgerebbe le trattative su due questioni determinanti: il nuovo patto di stabilità e il semaforo verde di Bruxelles sulla revisione del Pnrr. Questioni di vita o di morte. La resa, oltre a implicare una pessima figura per la premier che insiste ancora sulla necessità di affrontare la questione contestualmente al patto di stabilità e all’unione bancaria, toglierebbe all’Italia un argomento importante nelle contrattazioni a Bruxelles dei prossimi mesi. Così anche Fi, ala pro-Mes della maggioranza, frena a tavoletta. «Va ratificato ma con i tempi giusti e le dovute garanzie», spiega il parlamentare Squeri e Tajani, di fronte ai gruppi parlamentari azzurri congiunti, ammette «riserve non sul Mes ma sul regolamento».

PER LA LEGA, con la sensibile eccezione del ministro dell’Economia Giorgetti sempre più palesemente orientato al sì, non si tratta di riserve ma di fermissima opposizione. «La valutazione del Mef favorevole al Mes è solo tecnica. Ma politicamente tutto il centrodestra ha sempre sostenuto che in questo momento il Mes non è uno strumento utile per il Paese», va giù secco Salvini e la premier, almeno per ora, è d’accordo con lui: serve «un rinvio in vista del rinvio». Alla scelta sul Mes si arriverà solo dopo la trattativa a tutto campo e a quel punto, se si troverà un’intesa sul patto di stabilità, gli stessi dirigenti della Lega fanno capire che non si metteranno di traverso più che tanto.

LO SHOWDOWN IN AULA sul Mes sarà per ora evitato ma la partita europea dei prossimi mesi sarà per Meloni decisiva e tutt’altro che facile. Se dovesse andare male la sua maggioranza diventerebbe una giungla infida e a guaio si sommerebbe guaio. L’incidente Lotito-Damiani in commissione Lavoro al Senato, mercoledì, ha infatti svelato quanto pericolante sia la situazione dentro Fi. Ieri è stato convocato per il 15 luglio il Consiglio nazionale che eleggerà Tajani presidente fino al congresso, in data da destinarsi. Tesoriere, al posto di Antonio Messina, diventerà Fabio Roscioli, ex avvocato del defunto capo e uomo di fiducia della famiglia. A decidere sulle sorti del partito sarà proprio la famiglia e molti immaginano che Marta Fascina, scomparsa per ora dai radar, aspetti solo la lettura del testamento venerdì prossimo per rientrare in campo. Tutti passaggi che incideranno sulla fragile tregua imposta alle bande azzurre dalla necessità più che dalla convinzione. Se quella tregua reggerà o se Fi si trasformerà in un partito balcanizzato e dunque incontrollabile è l’ennesima incognita che grava sull’estate di Giorgia Meloni.

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